L’amarezza resta. E pure l’attesa di quella «giustizia» agognata e reclamata da più di sette anni. La sentenza d’appello per la tragedia di Rigopiano, arrivata ieri dalla Corte d’Appello dell’Aquila, dopo cinque ore di camera di consiglio, non è il ribaltone che le famiglie delle 29 vittime si aspettavano. Il verdetto, letto a porte chiuse dal presidente Aldo Manfredi ricalca sostanzialmente quello di primo grado, pronunciato dal gup di Pescara, Gianluca Sarandrea, un anno fa. Sono 22 le assoluzioni, furono 25 in primo grado, e 8 le condanne.

Tra esse spicca quella dell’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, a cui vengono dati, come si evidenzia nel dispositivo, 1 anno e 8 mesi di reclusione «con riferimento ai delitti di rifiuto di atti d’ufficio e di falsità ideologica in atto pubblico, (per la mancata convocazione della Sala operativa) con concessione dei benefici della sospensione condizionale della pena». Condannati anche il capo di gabinetto della Prefettura di Pescara, Leonardo Bianco, per falso, ad 1 anno e mesi 4 di reclusione, ed il tecnico del Comune di Farindola (Pe), Enrico Colangeli, a 2 anni e 8 mesi, per omicidio colposo e lesioni plurime. Sono queste le novità arrivate dall’Appello. Confermate poi le condanne del primo grado per il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, a 2 anni e otto mesi; per i funzionari della Provincia di Pescara, Mauro Di Blasio e Paolo D’Incecco, entrambi a 3 anni e 4 mesi di reclusione, responsabili della viabilità e pulizia della strada che conduceva al resort. Confermati pure i sei mesi di reclusione ciascuno per Bruno Di Tommaso, gestore dell’albergo, e Giuseppe Gatto, consulente che produsse la relazione tecnica per tettoie e verande che poi cedettero sotto il peso della valanga che, il 18 gennaio del 2017, alle 16.49, travolse e trascinò via l’Hotel Rigopiano di Farindola, complesso a 5 stelle sotto le montagne d’Abruzzo. La pubblica accusa – rappresentata dal procuratore capo, Giuseppe Bellelli, e dai pm Andrea Papalia e Anna Benigni – aveva chiesto la condanna di 27 dei 30 imputati.

Le reazioni dei familiari dei morti stavolta sono composte. «Non sono soddisfatta – dice Angela Spezialetti, mamma di Cecilia Martella, 24 anni, deceduta tra le macerie del resort, dove lavorava come estetista -. Speravo che la sentenza di primo grado venisse stravolta, come accaduto per il dramma della scuola di San Giuliano di Puglia. Ma nulla di ciò è accaduto. Questa non è giustizia, tutti qui hanno colpe». «Le allerte valanga all’epoca furono ignorate. Con questa sentenza muore la prevenzione in Italia. Che la facciamo a fare?», domanda Egidio Bonifazi, padre di Emanuele, 31 anni, di Pioraco (Mc) che era addetto alla reception. «Ho provato delusione e confusione – aggiunge -. Non sono stati puniti i maggiori responsabili. Hanno vissuto ore di terrore bloccati in quel posto, con terremoto e due metri e mezzo di neve su strade che nessuno si è degnato di pulire. Hanno chiesto disperatamente aiuto, hanno mandato mail a tutti, ma lì sono rimasti intrappolati».

«C’erano fatti che gridavano vendetta, come il non avere agito, nonostante le segnalazioni giunte tre giorni prima, ed anzi avere finto di aver fatto il proprio dovere, cercando poi di nascondere le proprie responsabilità», commenta l’avvocato Giovanni Ranalli, che rappresenta i parenti di Alessandro Riccetti, trentatreenne di Terni che lavorava come receptionist. Tuona Alessio Feniello, padre di Stefano, morto a 28 anni: «Non è una sentenza, è una pagliacciata. Non mi aspettavo questo risultato. Con tre nuove condanne, misere, ci hanno dato un contentino. Se rubi una gallina in questo Paese ti fai 10 anni di carcere, se ammazzi 30 persone resti libero. Che messaggio passa? Che puoi uccidere e passarla liscia? Ci aspettavamo di più, la condanna della Regione e della Provincia, ad esempio. Andavano condannati altri personaggi. Se oggi avessero preso tutti l’ergastolo a me non cambiava nulla ma potevo guardare la foto di mio figlio e dirgli: “Ho fatto il mio dovere, quello di darti giustizia”». Mariangela Di Giorgio è la mamma di Ilaria Di Biase, di Archi (Ch), che era cuoca dell’hotel e aveva 22 anni: «Non è andata benissimo, eravamo preparati al peggio. Un tassello in più, un piccolo passo in avanti. Ce la vedremo in Cassazione».