È diventato legge il decreto «Rigassificatori» per la costruzione di nuovi terminali di gas naturale liquefatto (LNG) e «misure urgenti per gli enti territoriali, nonché per garantire la tempestiva attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per il settore energetico». Dopo l’approvazione alla Camera, giovedì il Senato ha approvato con 97 sì, 67 no e 1 astenuto la fiducia posta dal governo sul decreto. «Stiamo lavorando per trasformare l’Italia in un hub energetico per l’approvvigionamento europeo», ha dichiarato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto.

Il testo prevede la possibilità di richiedere l’autorizzazione alla realizzazione o all’esercizio di unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione fino al 29 luglio 2023.  «È caduta la maschera, non si parla più di emergenza energetica come faceva il governo Draghi, che aveva dato il via libera ai rigassificatori, ormai si dice esplicitamente che l’obiettivo è far diventare l’Italia un hub del gas per l’Europa» commenta Nadia D’Arco, portavoce della Rete no rigass. «Eppure i rigassificatori sono impianti a rischio di incidenti rilevanti, dannosi sia per l’ecosistema marino per la fuoriuscita di acqua fredda e clorata, implicano traffico di metaniere e perdite di metano, potente gas climalterante, e ci legano ad altri stati, non certamente campioni di diritti umani. Sono impianti con un ciclo di vita di 25 anni, che ci imprigionano al fossile per decenni».

IL DECRETO appena approvato allunga il procedimento di autorizzazione per i rigassificatori che passa da 130 a 200 giorni, e deve includere le valutazioni ambientali e la sua sottoposizione alla Commissione tecnica Pniec-Pnrr. Un piccolo miglioramento?

«200 giorni restano insufficienti per fare consultazioni con gli enti addetti ai controlli, le integrazioni e la VIA. Normalmente per la sola VIA ci vogliono dai 2 ai 4 anni. E non sarà il Comitato Tecnico VIA a rilasciare l’autorizzazione, ma un Commissario nominato dal governo» commenta Angelo Gagliani, attivista della Campagna Fuori dal Fossile che da anni si batte contro il Tap.

IN ITALIA fino al 2023 c’erano tre rigassificatori, al largo di Livorno (Olt), al largo di Rovigo e nel porto di Panigaglia. A marzo 2023 si è aggiunto il rigassificatore Golar Tundra nel porto di Piombino, nonostante l’opposizione di tutta la città, sindaco compreso. Da Piombino la nave dovrebbe essere spostata tra tre anni a Vado, altro luogo fortemente penalizzato e inquinato, dove i comitati cittadini sono in allarme. A Ravenna un secondo rigassificatore galleggiante è atteso nel 2024, a otto km da Punta Marina, con la sua scia di 34 km di metanodotti tra mare e terra. «Altri rigassificatori in arrivo in Sardegna, a Gioia Tauro e Agrigento» continua Nadia D’Arco.

Il decreto considera inoltre «strategici i gasdotti e gli oleodotti o le infrastrutture elettriche che fanno parte della rete nazionale di trasporto».

TRA FORLÌ  E CESENA in questi giorni si sta procedendo a espropriare i terreni dove passerà il nuovo metanodotto Snam, la cosiddetta Linea Adriatica, che dalla Puglia a Sulmona a Minerbio bucherà l’Appennino, tra zone naturali, fragili e terremotate, fino alla Romagna alluvionata.

«Mentre il nostro Paese è attraversato da un’ondata di calore senza precedenti, il governo Meloni dà priorità alla costruzione di infrastrutture che utilizzano combustibili fossili, contribuendo a esacerbare ondate di calore e altri eventi climatici sempre più estremi» dichiara Chiara Campione, responsabile dell’Unità Clima di Greenpeace Italia, condannando «il negazionismo da operetta inscenato da membri della maggioranza governativa».

Critiche anche dalle opposizioni politiche: «L’ennesimo provvedimento che smantella le politiche sul clima» accusa il leader dei Verdi Angelo Bonelli durante un flash mob fuori Montecitorio, esponendo i cartelli con la scritta «Ladri di futuro» insieme ai parlamentari di Avs.

Nel decreto sono presenti anche misure per gli impianti di biometano, introducendo una Procedura Abilitativa Semplificata (PAS) anziché l’autorizzazione unica e misure per combattere il caro energia, tra cui il bonus sociale elettrico e gas (per i clienti con Isee fino a 15.000 euro o fino a 30.000 euro per le famiglie con più di quattro figli) e la riduzione dell’aliquota Iva al 5% per le somministrazioni di gas metano usato per combustione per usi civili e industriali. Misure però giudicate insufficienti dalle opposizioni.