Rifugiati: verso più flessibilità del Fiscal Compact
Commissione europea Juncker promette "caso per caso" briglie più lunghe sui conti pubblici, come richiesto da Italia, Austria e Belgio. Ma critica gli stati, che frenano sull'accoglienza e non mantengono le promesse. L'Europa rischia "un terremoto politico" per Donald Tusk.
Commissione europea Juncker promette "caso per caso" briglie più lunghe sui conti pubblici, come richiesto da Italia, Austria e Belgio. Ma critica gli stati, che frenano sull'accoglienza e non mantengono le promesse. L'Europa rischia "un terremoto politico" per Donald Tusk.
La Commissione fa balenare la possibilità di sfondare il parametro del 3% di deficit pubblici del Patto di stabilità, a causa della crisi dei rifugiati. Di fronte alla confusione e al braccio di ferro tra paesi che si scaricano la responsabilità dell’accoglienza, Bruxelles comincia a rimettere in questione i dogmi che sembravano irremovibili. Il presidente Jean-Claude Juncker, di fronte al Parlamento europeo per informare sui due ultimi vertici dedicati alla crisi dei rifugiati (Consiglio europeo del 15 ottobre che ha aperto alla collaborazione con la Turchia, mini-summit con i Balcani di domenica), ha concesso: “la Commissione ha fatto sapere agli stati membri che nel caso di tratti di qualificare le spese di budget destinate alla crisi dei rifugiati, quando si tratterà di applicare le regole del Patto di stabilità, aggiungeremo una dose di flessibilità, nei limiti di quello che prevedono le regole”. Una frase alambiccata, in risposta a una specifica richiesta di Italia e Austria, paesi “di prima linea”, a cui si è aggregato il Belgio. I tre paesi, quando hanno presentato i rispettivi progetti di finanziaria il 15 ottobre scorso – che deve passare al vaglio di Bruxelles per poter poi essere approvata in patria – hanno esplicitamente chiesto di applicare la clausola del Patto di stabilità, che permette di sfondare il deficit del 3% “in caso di avvenimenti eccezionali”, senza subire sanzioni. Per l’Italia, si parla di 3-4 miliardi in più di “flessibilità”, pari circa allo 0,2% del pil, per l’Austria di un miliardo (0,3% del pil). Il Belgio ha fatto valere di aver messo a bilancio 350 milioni di euro nel 2016 per far fronte ai costi delle misure per la “crisi dell’asilo e dell’immigrazione”.
Juncker sembra disposto ad allungare un po’ le redini, ma solo “caso per caso”. Il presidente della Commissione ha precisato che questa flessibilità “non potrà venire applicata a paesi che non riescono a dimostrare dei costi enormi” e ha sottolineato che “anche tra i grandi paesi c’è chi non fa sforzi sufficienti” (la Francia, per esempio, ha promesso l’accoglienza di poco più di 30mila rifugiati in due anni e, per di più, non rispetterà il 3% di deficit prima del 2017). Commissione e Consiglio sono estremamente preoccupati dalle reazioni disordinate ed estreme degli europei di fronte ai rifugiati. “L’Europa non è in gran forma”, ha dovuto constatare Juncker. Per il presidente del Consiglio, Donald Tusk, che come polacco è ancora più bruciato dai risultati del voto di domenica nel suo paese, la Ue ha di fronte “la più grande sfida potenziale da decenni”, che “puo’ provocare un terremoto nel paesaggio politico europeo”. Ci sono “circostanze eccezionali che richiedono misure eccezionali, sacrifici eccezionali e solidarietà eccezionale”, ha commentato. Juncker ha ricordato che il sistema di redistribuzione dei rifugiati tarda a mettersi in atto. “Solo 8 paesi su 26 hanno mandato degli ufficiali di collegamento in Italia, solo 3 in Grecia”, per la cooperazione sugli hot spots. La Ue sembrava essersi messa d’accordo per la redistribuzione di 160mila rifugiati. Ma, ha ricordato ieri Juncker, per il momento “solo 9 paesi ci hanno fatto sapere che possono accogliere 700 persone”. E la situazione rischia di peggiorare, ha insistito Tusk, perché potrebbe esserci “una nuova ondata di rifugiati da Aleppo e dalle regioni bombardate dai russi in Siria, che hanno creato più di 100mila rifugiati”. Le casse di Bruxelles sono vuote. Tusk ha chiesto soldi agli stati per Frontex. Juncker ha ricordato che gli stati sono in ritardo e non mantengono le promesse di fondi fatte agli ultimi vertici. La Commissione ha previsto di destinare 10 miliardi di euro del budget comunitario 2015-2016 per le politiche di accoglienza, perché molti paesi chiedono aiuto, a cominciare dalla Slovenia (dove sono arrivate 76mila persone in una settimana) e inoltre sono stati promessi miliardi alla Turchia perché blocchi le partenze. Ma “il budget europeo è limitato – ha sottolineato – stiamo arrivando ai limiti delle nostre possibilità”. Anche per il ricollocamento dei 160mila rifugiati mancano “sempre 2-3 miliardi di euro” che gli stati membri avevano promesso. “La differenza tra le promesse e cio’ che è sulla tavola – ha ricordato – deve essere ridotta, in caso contrario perderemo la nostra credibilità”.
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