Europa

Rifugiati: Juncker insiste sulle “quote”

Unione europea Oggi discorso sullo stato dell'Unione a Strasburgo del presidente della Commissione. In agenda: la redistribuzione obbligatoria dei profughi, con finanziamenti agli stati. In Francia imminente arrivo di mille persone arrivate in Germania. Parigi stanzia 25 milioni per la difesa delle minoranze in Medioriente

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 9 settembre 2015

Oggi, il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker dedicherà il suo primo “discorso sullo stato dell’Unione” di fronte al Parlamento europeo alla crisi dei rifugiati, mentre la Ue resta profondamente divisa, Germania da un lato, seguita, ma a distanza, dalla Francia, l’Europa dell’est dall’altro e i paesi di primo arrivo in grandi difficoltà. L’est non è pero’ solo nella scelta del rifiuto: il governo di Lars Lokke Rasmussen (partito liberale) a Copenhagen, per esempio, ha fatto pubblicare su giornali libanesi una pagina per spiegare “non venite in Danimarca” e ha bloccato i profughi che volevano andare in Svezia. La Commissione ha un piano, in realtà già superato dai numeri della realtà dell’esodo, per la redistribuzione di 120mila profughi. Ma l’Onu già chiede accoglienza per almeno 200mila. Anche le reticenti Spagna (14.931 persone), Polonia (9287) e Repubblica ceca (2978) per Juncker devono partecipare, in base a un calcolo le cui modalità era state studiate per la ripartizione proposta lo scorso giugno (numero di abitanti, tasso di disoccupazione, livello di richiedenti asilo presenti sul territorio, pil). La Commissione sta cercando di spaccare il fronte di Visegrad (Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria), che ha detto un chiaro “no” alla politica delle quote: l’Ungheria, malgrado l’estremismo del primo ministro Viktor Orban, potrebbe accettare le proposte di Bruxelles, perché Budapest è ormai inserita nella lista dei paesi di primo arrivo, quindi di fatto “beneficiari” della ripartizione (sempre stando alla filosofia dello scaricamento del “fardello” sul vicino).

Angela Merkel, ma anche François Hollande, hanno sottolineato in questi giorni che, in mancanza di un accordo sul “meccanismo” di ripartizione, “permanente e obbligatorio”, ci sarà la fine di Schengen, cioè della libera circolazione dei cittadini. Ieri, la Francia ha messo in atto la promessa fatta alla Germania di accettare subito mille rifugiati che sono entrati in Germania. Agenti dell’Ofpra, la struttura che si occupa della protezione dei rifugiati, erano ieri a Monaco di Baviera, per proporre a un migliaio di persone di venire in Francia e controllare che fossero effettivamente dei rifugiati, siriani, iracheni o eritrei. In Francia l’accoglienza si organizza. Vari comuni hanno dato la loro disponibilità, ma i sindaci di destra frenano e i più generosi pretendono di ricevere soltanto dei “cristiani”. Ieri, la Francia è stato l’unico paese a proporre un finanziamento – 25 milioni di euro – per la difesa delle minoranze represse in Medioriente, in occasione di un incontro a Parigi, a cui hanno partecipato una sessantina di stati, oltre a ong e esponenti delle religioni. I 25 milioni francesi, ha precisato il ministro degli Esteri Laurent Fabius andranno in un fondo di emergenza, per finanziare un campo di rifugiati nel Kurdistan iracheno, una scuola a Erbil e un intervento per sminare Kobane, oltre ad aiuti a Turchia, Giordania, Iraq e Libano per la protezione delle minoranze. Intanto, due Rafale francesi, senza mandato Onu, hanno effettuato le prime operazioni di ricognizione nei cieli siriani.

Juncker oggi dovrebbe anche precisare il lato oscuro della proposta sui rifugiati: accelerare la politica di ritorno di chi non ha diritto all’asilo. Oltre alla creazione di hotspot nei paesi di primo arrivo (Italia, Grecia e Ungheria), dovrebbe venire affidato a Frontex il compito di gestire i charter dei ritorni. Per i paesi di prima accoglienza, la Commissione offre 500 euro per ogni espulso, mentre dal bilancio Ue dovrebbero arrivare 6mila euro a persona per i paesi che accolgono la loro quota di rifugiati.

 

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