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Riforme, Finocchiaro avvisa Grasso

Riforme, Finocchiaro avvisa GrassoLa presidente della prima commissione del senato Anna Finocchiaro

Senato Muro della presidente della commissione affari costituzionali sull'ammissibilità degli emendamenti all'articolo due del disegno di legge del governo: non si può tornare all'elezione diretta

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 6 agosto 2015

Non si può tornare all’elezione diretta dei senatori. È la conclusione della presidente della commissione affari costituzionali, al termine della discussione generale sul disegno di legge di revisione, e prima della sospensione estiva. Anna Finocchiaro delude le speranze dell’opposizione e di 25 – decisivi – senatori della minoranza Pd. Ma raffredda qualche entusiasmo anche ai renziani più spinti: non è davvero immaginabile che sia lei a dichiarare inammissibili gli emendamenti che puntano a modificare la composizione del nuovo senato, mettendo così il presidente del senato Grasso, che ha mostrato un orientamento opposto, davanti al fatto compiuto nel momento del passaggio in aula.

«È ineludibile che ogni decisione sull’ammissibilità degli emendamenti debba trovare di concorde avviso il presidente della commissione e il presidente del senato», dice Finocchiaro. Il confronto tra gli uffici è già avviato, e non dev’essere partito in discesa se poco dopo la presidente della commissione aggiunge: «Sono certa che il presidente del senato non mancherà di cogliere la necessità che sia espresso un orientamento convergente e concorde sui criteri di ammissibilità degli emendamenti». Il braccio di ferro è ancora sull’articolo 2 del disegno di legge Renzi-Boschi che riscrive l’articolo 57 della Costituzione. I sostenitori dell’elezione diretta pensano che possa essere riaperto, malgrado il doppio voto conforme di senato e camera (perché c’è una piccola modifica nel testo e perché lo spirito della revisione costituzionale porta ad ammettere ripensamenti fino all’ultimo momento). Finocchiaro lascia intuire il suo orientamento di chiusura ma non anticipa il giudizio. C’è tutto il tempo. Gli emendamenti andranno consegnati entro venerdì. Ma la decisione sull’ammissibilità è rinviata all’8 settembre. Ci sarà modo di cercare un accordo politico, se non con la minoranza Pd con i 10 verdiniani e qualche senatore «responsabile» come le 3 ex leghiste. La decisione tecnica seguirà e non mancano precedenti nell’uno e nell’altro senso.

Il solito Calderoli ha annunciato la presentazione di una cifra record di emendamenti – stavolta 510mila: fino a qui ostentando il massimo dell’opposizione ha sempre fatto il gioco del governo giustificando ogni sorta di forzatura del regolamento, dai «canguri» all’emendamento Esposito (nel caso della legge elettorale). Finocchiaro ha fatto capire che l’articolo 2 potrebbe essere riaperto solo nella parte in cui c’è da correggere l’errore sui sindaci (secondo il testo arrivato dalla camera restano in carica al senato anche dopo aver cessato il mandato in comune) e non sul resto, dovendosi confermare l’elezione dei senatori da parte dei consiglieri regionali, altrimenti «si finisce col mettere in discussione tutto il disegno riformatore, assumendosi la responsabilità di riavviare l’intero procedimento e così ponendo nel nulla il lavoro fin qui compiuto». La possibile soluzione alla quale allude la presidente della prima commissione per assicurare un «più forte collegamento dei senatori con la volontà popolare», secondo la gradazione introdotta dall’ex ministro Quagliariello, è quella di affidare alla legge di attuazione la possibilità per gli elettori di costituire una platea di «candidati» senatori, nel momento in cui andranno a votare per i consiglieri regionali. Una sicura fonte di confusione e un tentativo di smentire con legge ordinaria il principio che si va a introdurre nella revisione costituzionale, perché correggerlo farebbe perdere tempo. Stiamo parlando della riforma «final approval april 2015», come da slide proiettata da Renzi a Londra nell’ottobre 2014. Ma il final è ancora lontano e la data prevista per il referendum è già slittata all’ottobre 2016.

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