Riforma Rai, Cheli: «Dubbi di costituzionalità»
Governo Il testo oggi in aula al senato. Ma per l'ex presidente dell'Agcom non si puà trasformare il servizio pubblico in un’agenzia governativa
Governo Il testo oggi in aula al senato. Ma per l'ex presidente dell'Agcom non si puà trasformare il servizio pubblico in un’agenzia governativa
La «riforma» della Rai approda questa mattina nell’aula del senato, con il voto sulle pregiudiziali di costituzionalità delle opposizioni. Lo ha deciso ieri la conferenza dei capigruppo. L’esame del ddl si concluderà la prossima settimana e gli emendamenti dovranno essere presentati entro lunedì alle 13.
Obiettivo, il sì definitivo della camera entro la pausa estiva, grazie alla rinnovata sintonia (almeno quella televisiva) con Forza Italia. Anche se Maurizio Gasparri, il firmatario della legge in vigore tornato protagonista (suoi alcuni emendamenti approvati in commissione che «gasparrizzano» ulteriormente il testo), dice che Fi è allo stato contraria all’insieme del ddl. Però «faremo opposizione nel merito, non ostruzionismo». Insomma, si può ancora trattare. In particolare sui poteri dell’ad scelto dal governo, perché «è incostituzionale sostituire la parlamentarizzazione della Rai con la monocrazia, la dittatura di un partito, quello del presidente del consiglio, è ipocrita dire di volere allontanare i partiti per farne rimanere uno solo al comando». Tutti dentro, allora.
Certo, il modello Renzi del super capo azienda non è bello e non piace nemmeno al costituzionalista Enzo Cheli, che tra l’altro è stato consigliere a viale Mazzini e presidente Agcom. Ascoltato nella commissione di vigilanza Rai, ha espresso «forti dubbi di costituzionalità» sui criteri «di investitura dei vertici aziendali». «L’importante – ha detto – è non trasformare il servizio pubblico in un’agenzia governativa. Questo è un po’ il punto di fondo. Di fatto 4 consiglieri su 7 e l’ad vengono scelti dall’area della maggioranza e dell’esecutivo. Questo suscita molti dubbi in particolare sulla compatibilità con la sentenza della Corte Costituzionale n. 226 del 1974», in base alla quale «i vertici aziendali non devono essere nominati in modo da costituire espressione del potere esecutivo». Servirebbe «un filtro tra il livello politico-parlamentare e quello aziendale», un trust o una fondazione. E se Renzi aveva detto che il suo sogno sarebbe l’abolizione del canone, per Cheli dovrebbe essere eliminata, gradualmente, la pubblicità.
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