Riforma del Csm, braccio di ferro nella maggioranza
Giustizia In ritardo rispetto alla tabella di marcia di Cartabia, che vuole il testo pronto per le prossime elezioni del Consiglio superiore a luglio, la legge si prepara a subire gli assalti contrapposti delle forze di governo. Oggi il termine per gli emendamenti, in arrivo un catalogo in grado di smontare la mediazione trovata dalla ministra. Come nel caso delle proposte di Azione +Europa
Giustizia In ritardo rispetto alla tabella di marcia di Cartabia, che vuole il testo pronto per le prossime elezioni del Consiglio superiore a luglio, la legge si prepara a subire gli assalti contrapposti delle forze di governo. Oggi il termine per gli emendamenti, in arrivo un catalogo in grado di smontare la mediazione trovata dalla ministra. Come nel caso delle proposte di Azione +Europa
C’è un intero articolo (il 38) nel maxi emendamento presentato dalla ministra Cartabia alla riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, tutto dedicato ad abbreviare i termini per la definizione del collegi elettorali e la presentazione della candidature dei magistrati in occasione della prima applicazione della nuova legge. È lo strumento con il quale il governo spera ancora di riuscire a far tenere le prossime elezioni per il Csm con le nuove regole, pensate – si vedrà con quanta efficacia – per disarmare il «correntismo» delle toghe.
Ma il tempo stringe, le elezioni sono fissate a luglio e la ministra ha detto esattamente un mese fa, quando sembrava che l’esame della riforma potesse finalmente partire, che il governo non vuole lo slittamento del voto a settembre. Eppure nulla si è mosso in commissione giustizia alla camera dove il provvedimento è in prima lettura, ieri è slittato il termine per i sub emendamenti dei partiti al maxi del governo (a oggi) ma è già evidente che la maggioranza si troverà su posizioni assai distanti. Sarà difficile marciare spediti e chiudere tra camera e – soprattutto – senato entro due mesi, termine ultimo per consentire di votare per il Csm a luglio. Tanto più che Draghi ha promesso che su questa legge non metterà la fiducia e che i cinque referendum sulla giustizia sopravvissuti alla Corte costituzionale vedranno le forze politiche che lo sostengono l’una contro l’altra.
Proprio dei referendum si occupano, tra le altre cose, gli emendamenti già depositati ieri di Azione +Europa, una settantina di proposte di modifica utili a dare un’idea delle difficoltà davanti alle quali si troverà il governo. I deputati Costa e Magi, infatti, propongono non solo di introdurre nella riforma quella separazione della carriere di fatto (impedendo del tutto il passaggio da una all’altra funzione di giudice e pm, quando il testo Cartabia mantiene la possibilità di due passaggi) ma anche il recupero del quesito bocciato dalla Consulta, quello che avrebbe aperto il nostro ordinamento alla responsabilità civile diretta dei magistrati.
Su questi argomenti, in attesa degli emendamenti degli altri partiti – e se ne annunciano di simili dal centrodestra, in particolare da Forza Italia – è prevedibile che torni a coagularsi quella maggioranza alternativa, fatta dal centrodestra e dai centristi, Italia viva compresa, che sulla giustizia si è già vista in passato. Gli emendamenti firmati da Costa sono l’indice degli ostacoli che dovrà superare Cartabia nell’esame in commissione (che comincerà la prossima settimana) e poi in aula. Chiedono, per esempio, una stretta ulteriore al collocamento fuori ruolo dei magistrati, il monitoraggio delle dichiarazioni pubbliche dei capi delle procure, la sottrazione al Csm dell’autonomia sulle nomine e un «fascicolo delle performance» per penalizzare giudici e pm quando le loro decisioni non reggono alla prova dei giudizi successivi. Difficile che il governo riesca a scansare questi ostacoli tenendo fede alla promessa di non mettere la fiducia, impossibile che possa farlo nei tempi rapidi in cui spera
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