«Le elezioni ci consegnano un Paese in cui per la prima volta nella storia repubblicana il partito più votato è erede della formazione dei nostalgici del fascismo»: è l’incipit del documento approvato ieri dalla direzione nazionale di Rifondazione comunista. Due i fattori messi in rilievo: ha vinto la destra ma non c’è stata «una crescita impetuosa» quanto una redistribuzione di voti a favore di FdI in un contesto di crescente astensionismo, il resto l’ha fatto una legge elettorale altamente distorsiva; dopo anni di politiche neoliberiste, «di svuotamento della democrazia costituzionale e di cancellazione di un’alternativa di sinistra, è cresciuto enormemente il distacco delle classi popolari dalla politica e dalla rappresentanza».

L’affermazione di Meloni non va sottovalutata: «Non è un episodio isolato, ma si inserisce in un contesto europeo e internazionale che ha visto la crescita dell’ultradestra». L’insuccesso di Unione popolare, nell’analisi, sconta due fattori, le elezioni anticipate che hanno strozzato la costruzione del progetto ma soprattutto lo spazio politico che si è andato restringendo: «La rottura del Pd con il M5S, che ha recuperato un’immagine di radicalità; la rottura di Calenda che ha reso più digeribile la scelta di Si e Verdi di allearsi col Pd; il successo di Conte nelle regioni meridionali».

Al netto del voto utile e delle chance risicate di superare la soglia di sbarramento, per il Prc ha pesato «l’assenza di un movimento sociale generalizzato». Quindi si riparte da Up: «Promuovendo da subito momenti assembleari territoriali, in un processo che sia di partecipazione democratica. Lavoriamo per un movimento plurale dentro al quale trovare le forme in cui la convergenza delle soggettività organizzate, la partecipazione, l’elaborazione comune possano svilupparsi». Due le direttrici principali: «Un movimento contro la guerra e contro il carovita è il terreno immediato su cui mobilitarsi».