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Rifiutati dalla sorte e dagli uomini

Il documentario Vieri Brini e Emanuele Policante hanno indagato la sindrome da gioco d'azzardo patologico smisuratamente cresciuta nel nostro paese

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 31 gennaio 2015

La testimonianza di E., persona affetta da GAP (Sindrome da Gioco d’Azzardo Patologico), la sua storia fin dal primo incidentale contatto con il mondo delle slot fino all’incontro con i Giocatori Anonimi di Torino, e oltre, mi sembra il momento più umanamente toccante di Rifiutati dalla sorte e dagli uomini, il documentario che Vieri Brini e Emanuele Policante (chiens de velours), hanno forgiato sulle fondamenta di una loro poliedrica inchiesta sul gioco d’azzardo in Italia.

Un lavoro segnato da una coriacea volontà di capire: tra dati e statistiche, interviste a sociologi, psicologi, matematici, esercenti di locali, Forze dell’Ordine, tutti elementi che ci consentono di addentrarci tra i meccanismi e le differenti “ere” del gioco in questo Paese: come si sia passati dalla fase anni ’90, in cui era esclusivamente progettato per incrementare le entrate erariali, a quella dell’arruolamento industriale di massa, sempre con un focus sulle fasce più deboli, fino alla costruzione di una vera e propria economia dei giochi. Da annotare l’intervento di Loretta Napoleoni, a connettere legalizzazione del gioco e nuove strade per il riciclaggio, nonché il diffondersi a livello globale di una cultura del gioco d’azzardo, e quello di Carlotta Zavattiero, autrice de Lo stato bisca, a evidenziare la responsabilità dei media nella mancata percezione della portata distruttiva di questi processi e l’ambiguità di certe campagne di prevenzione, comprese alcune dirette ai minori.

Nello stesso tempo, questa dimensione da indagine giornalistica più classica si fonde in modo personale e direi nuovo a quella partecipativa e calda delle storie dei diretti interessati e dei loro congiunti. Qui, con un’attitudine sperimentale e non giudicante che ben promette, Brini e Policante sanno coniare stranianti dissintonie tra la voce off che segue il racconto doloroso e puntuale di E. e la sua immagine immersa in uno spazio vuoto, lattiginoso, evanescente e fuori fuoco, come la sua identità che la frequentazione più che decennale col gioco ha rischiato di dissolvere (Lucente cita Malraux e il gioco come “suicidio senza morte”). Nota bene: contattati, produttori e distributori di Newslot e Vlt (videolottery), sul territorio nazionale, non hanno concesso né di entrare con le telecamere nelle sale, né interviste.

 

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