L’esperienza crociata ha prodotto un numero molto alto di testimonianze cronachistiche: dall’iniziale, anonima e breve Gesta francorum et aliorum Hierosolimitanorum (Gesta dei franchi – come bizantini e arabi chiamavano i gruppi compositi che provenivano dall’Europa continentale – e degli altri pellegrini) fino alle più corpose narrazioni di Fulcherio di Chartres e Guglielmo di Tiro. Non mancano testimonianze greche, armene, arabe, ma restando in campo europeo esiste anche una produzione poetica che ha proposto in tal forma una lettura di quegli eventi. In tal senso, si potrebbe dire che il culmine è dato dalla Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, ma molto prima dell’epica rinascimentale, più semplici ma non meno interessanti chansons hanno celebrato le vittorie dei cristiani in Terrasanta.

COSA D’ALTRA PARTE del tutto normale, poiché dell’esaltazione e della dilatazione della Cristianità di fronte ai «pagani» – come questo tipo di fonti tendeva a qualificare i musulmani – parlavano anche alcune chansons de geste. I poemi epici che narrano le lotte di Carlo Magno contro i mori facevano parte del bagaglio della propaganda d’imprese che preparavano il clima della «crociata». Su tutte, la Chanson de Roland, il celebre poema franco-settentrionale anonimo composto fra seconda metà dell’XI e inizio del XII secolo, ambientato nella Spagna pirenaica, tra Saragozza e il passo di Roncisvalle. Il poema parla del sacrificio di Rolando, nipote di Carlomagno, caduto combattendo contro i mori, e così modificando la realtà degli eventi, che avevano visto un agguato dei montanari baschi contro la retroguardia dei franchi.

Dopo la conquista di Gerusalemme del 1099 nascono le cosiddette Chansons de croisade, poemi epici dedicati al ciclo della presa di Antiochia (l’assedio più duro e lungo della prima crociata), di quella di Gerusalemme o dei cosiddetti captivi. Fra queste, la Chanson de Jérusalem composta da un anonimo del XII secolo, alla quale David Esposito dedica uno studio intitolato La Chanson de Jérusalem: l’epopea dei crociati cannibali. La storia dei “fanatici dell’Apocalisse” (Carocci, pp. 242, euro 26). I due sottotitoli indirizzano già il lettore verso i temi principali: «l’epopea dei crociati cannibali» si riferisce ai «tafuri», un gruppo di pauperes cristiani riuniti al seguito di un «re», un capo, che li conduce in guerra, pressoché nudi, armati solo di bastoni, che oltre a combattere il nemico lo atterriscono con il loro aspetto e con le pratiche cannibali che seguivano, marginalizzati dagli stessi milites e pellegrini che costituivano il grosso dell’esercito in marcia verso Gerusalemme.

Cosa c’è di vero, cosa di immaginario in questo racconto, peraltro presente anche in altre fonti? Esposito risponde inquadrando il fenomeno, e la chanson, all’interno della categoria dei «fanatici dell’Apocalisse» (il secondo sottotitolo), richiamando così il titolo italiano del celebre libro dello storico Norman Cohn, un’esplorazione del millenarismo che fiorì in Europa occidentale tra l’XI e il XVI secolo, e del quale proprio il movimento dei pauperes armati e diretti a Gerusalemme fu una delle prime esperienze.

UNA LETTERATURA affascinante, ricca di spunti al crocevia fra storia, antropologia, letteratura, che vale la pena accompagnare con la lettura della fonte, fortunatamente disponibile da anni in traduzione italiana.