Si stima che in Italia vi siano circa 3300 lupi. Un numero in continua crescita. A riferirlo è l’Ispra al termine del progetto di monitoraggio della specie realizzato a livello nazionale tra il 2020 e 2021. Nelle sole regioni alpine vivono circa 950 esemplari e una delle colonie più importanti si trova nel Triveneto. Ed è di questa che scrive Angelo Pangrazio, giornalista, nel suo libro Lupi a Nordest.

SI TRATTA DEL RACCONTO dei dieci anni della ricolonizzazione del lupo sulle Alpi orientali (Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia), dopo un secolo di assenza, che chiama in causa non solo uno straordinario fenomeno ecologico e naturale ma anche la trasformazione del rapporto tra genere umano e ambiente, gli habitat della montagna, la biodiversità e i processi di rinaturalizzazione. Ma come dice il sottotitolo anche di antiche paure, nuovi conflitti, a partire dal rapporto con l’uomo e le sue attività: dall’allevamento al turismo.

PANGRAZIO INIZIA raccontando la storia di Slavc e Giulietta, una coppia di lupi presenti dal 2012 in Lessinia, in provincia di Verona. «Dopo alcune predazioni di capre, il sistema di sorveglianza attivato fa vedere un lupo. È una femmina, che a distanza di qualche mese incontrerà un lupo che proviene da un branco insediato in Slovenia. Il lupo nella sua lunga migrazione ha percorso oltre mille chilometri attraversando Austria, Alto Adige, Trentino e Altopiano di Asiago prima di arrivare in Lessinia. A registrare il viaggio è stato un radiocollare gps che il prof Hubert Poto’nik e i suoi collaboratori avevano applicato al lupo sulle montagne tra Slovenia e Croazia. Si era così formata la prima coppia di lupi del Triveneto, battezzati con i nomi di Slavc e Giulietta, un lupo di origine dinarica e una lupa italica».

IN 10 ANNI SLAVC E GIULIETTA hanno generato oltre quaranta cuccioli che a loro volta hanno dato un contributo determinante al ritorno del predatore sulle Alpi orientali. Ma com’è nella storia di questo animale, al plauso degli ambientalisti per il suo ritorno si contrappone la rivolta degli allevatori colpiti dalle predazioni, soprattutto dei bovini in alpeggio.

NEL LIBRO SI RACCONTANO le Notti da lupi organizzate da Legambiente, con ronde estive nelle malghe per la prevenzione degli attacchi, ma anche i botta e risposta sui social che diventano terreno di scontro, il sismografo che registra lo scontro tra chi vuole l’allontanamento dei branchi di lupi e chi ha invece posizioni conservazioniste. Un veterinario ricorda il lavoro sul campo sulle pecore e bovini predati, le malghe prive di protezioni anti-lupo, i cambiamenti della zootecnia di montagna non più abituata ad affrontare la minaccia lupi. Uno scontro così forte come in nessun’altra zona d’Italia, che ha portato nell’estate scorsa durante la 115ª edizione dell’antica Fiera di Erbezzo, comune montano veronese, gli allevatori a mettere in mostra per protesta sagome di bovini e pecore in un recinto al posto degli animali in carne e ossa.

NEL LIBRO NON SI PARLA solo della montagna veronese, l’autore dedica un capitolo sulla presenza del lupo in varie zone raccontando cosa ha visto con i suoi occhi. Come sull’Altipiano di Asiago, dove descrive un funerale in malga con la spettacolarizzazione delle conseguenze delle predazioni e la voluta esposizione delle carcasse di bovini lungo le strade. Oppure, la guerra dei masi che espongono cartelli con la scritta wanted sulle foto dei lupi. Ma anche note positive come in Cansiglio, nel bellunese, dove l’arrivo dei predatori limita e disperde la popolazione di cervi, primi responsabili dell’impoverimento del sottobosco. O ancora, le esperienze di due pastori che grazie a recinti elettrificati, cani da guardiania e aiuto-pastori vanno avanti con la loro attività riducendo al minimo lE predazioni. Pangrazio racconta anche come la politica ha utilizzato il lupo come strumento di propaganda. Interessante il capitolo dove l’autore raccoglie spunti e studi che indirizzano verso pratiche di coesistenza. «Il tema del ritorno del lupo – conclude Pangrazio – si intreccia con il futuro della montagna, e sconta il suo abbandono».