Riduzione dei parlamentari per le europee, la maggioranza ci prova
Riforme costituzionali L’idea di uno spot sui risparmi dopo aver portato a casa mezzo percorso di revisione
Riforme costituzionali L’idea di uno spot sui risparmi dopo aver portato a casa mezzo percorso di revisione
Leggendo il testo del Def, si scopre che l’orizzonte delle riforma costituzionali si è prudentemente allungato al 2020. Pazienza se Di Maio e Fraccaro avevano annunciato la riduzione dei parlamentari e l’introduzione del referendum propositivo per l’estate di quest’anno. Delle due leggi costituzionali, la riduzione dei parlamentari è quella più a portata di mano, perché più semplice – è composta da quattro brevi articoli – e meno contrastata, basti pensare che al senato Forza Italia e Fratelli d’Italia l’hanno votata con l’incredibile motivazione che si tratta di una riforma sbagliata ma non si può lasciare il merito di una novità sicuramente molto popolare solo alla Lega e ai 5 Stelle. Nell’adozione del testo base ieri pomeriggio in prima commissione alla camera – lo stesso testo approvato al senato che prevede un taglio dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200 – le opposizioni di destra hanno però cambiato idea, votando contro o astenendosi. La commissione ha previsto l’arrivo del provvedimento in aula il 29 aprile. Il che significa che a maggio con i tempi contingentati potrebbe essere approvato – la prima delle due deliberazioni previste per le revisioni costituzionali – in tempo per gli ultimi giorni di campagna elettorale di Lega e 5 Stelle.
Del resto la maggioranza, soprattutto i grillini, l’ha presentata dall’inizio come una riforma fatta per risparmiare. Ancora nel Def si legge che «la revisione costituzionale, oltre a determinare positivi risultati in termini di riduzione delle spese, mira a favorire un miglioramento dei processi decisionali delle camere, rendendoli più tempestivi ed efficaci». I risparmi dati per certi dai 5 Stelle (cento milioni l’anno, la stessa cifra prevista da Renzi e Boschi per il tentato azzeramento delle indennità dei senatori) sono probabilmente sovrastimati. Quanto al secondo punto, la questione dell’efficienza è controversa. Molti degli esperti ascoltati in commissione hanno fatto notare che meno deputati e meno senatori non significa necessariamente tempi di approvazione di una legge più rapidi, visto che meno parlamentari dovranno dividersi per più commissioni e che di conseguenza dovranno ridursi le convocazioni. Ammesso che quello della lentezza delle leggi sia ancora un problema: «Nella pratica sperimentiamo una continua limitazione dei tempi di discussione per venire incontro alle esigenze del governo», dice il deputato di +Europa Magi. Lo ha recentemente evidenziato la Corte costituzionale, rispondendo al ricorso presentato dal Pd contro il modo in cui è stata approvata la legge di bilancio.
E di ricorso alla Consulta (ormai nella disponibilità di ogni singolo deputato) il Pd ne minaccia adesso un altro, nel caso in cui non venissero ammessi gli emendamenti che puntano ad allargare il quadro, aggiungendo al taglio dei parlamentari un ritocco al bicameralismo paritario e l’abbassamento dei limiti di età per l’elettorato attivo e passivo del senato. «Il numero dei parlamentari non è indipendente da chi li elegge e da cosa sono chiamati a fare», avverte il deputato Pd Ceccanti.
La questione sarà risolta in commissione tra venerdì (termine per gli emendamenti) e lunedì (decisione sull’ammissibilità). Ma certamente tornerà a porsi in aula. Dove è già successo a leghisti e grillini, con il revenge porn, di dover tornare indietro rispetto a un primo no davanti a una proposta delle opposizioni rivelatasi popolare.
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