Ridurre i tempi dei processi? Bonafede non sa come
Giustizia Il ministro davanti alla commissione della camera ammette che non c'è accordo nella maggioranza sulle misure da adottare. Ma sullo stop alla prescrizione che scatterà dal 1 gennaio 2020 non ha intenzione di tornare indietro
Giustizia Il ministro davanti alla commissione della camera ammette che non c'è accordo nella maggioranza sulle misure da adottare. Ma sullo stop alla prescrizione che scatterà dal 1 gennaio 2020 non ha intenzione di tornare indietro
«Non sono in condizione di indicare i dettagli tecnici perché sono in fase di elaborazione». Così il ministro della giustizia Alfonso Bonafede, 5 Stelle, ha risposto ieri mattina ai deputati della commissione giustizia che gli chiedevano quali misure concrete il governo abbia intenzione di proporre per diminuire la durata dei processi penali. Com’è noto, è proprio in relazione alla annunciata velocizzazione dei tempi della giustizia che il governo Lega-5 Stelle aveva introdotto (a gennaio 2019) la cancellazione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, misura che altrimenti rischia di rinviare all’infinito la conclusione delle cause. Lo stop alla prescrizione scatterà il primo gennaio 2020, ma il nuovo esecutivo – che mantenuto lo stesso ministro della giustizia – non è ancora in grado di precisare in che modo i processi penali potranno accelerare. «Ci troviamo in una situazione particolare, la nuova alleanza di governo non ha avuto il tempo di individuare nel dettaglio i provvedimenti normativi», ha spiegato Bonafede agli attoniti deputati. Che ricordano come dopo il primo incontro del ministro con la delegazione del Pd, malgrado le distanze registrate proprio sul tema della prescrizione, Bonafede avesse annunciato l’approvazione di due disegni di legge delega di riforma dei processi, penale e civile, entro la fine dell’anno.
Di vertice sulla giustizia ce n’è poi stato un secondo, stavolta con le altre due forze di maggioranza – Leu e Italia viva – e le cose non sono migliorate. Se il Pd, che ha alla giustizia il sottosegretario Giorgis, ripete che la soluzione per la «patologia» della prescrizione non può essere quella di cancellarla per legge, i renziani adesso propongono di sospendere per un altro anno l’entrata in vigore dello stop alla prescrizione. E ieri in commissione il deputato di Leu Federico Conte ha sottolineato come «senza una contestuale riforma del processo, la norma che sospende la prescrizione dopo il primo grado trasferirà per intero sul cittadino il costo delle disfunzioni del sistema». Intanto il deputato di Forza Italia Costa, che si dice sia tentato di passare con Renzi, ha presentato una proposta di legge per cancellare del tutto lo stop alla prescrizione: arrivasse mai a essere votata spaccherebbe certamente la maggioranza. Ieri ha comunicato di aver firmato la proposta di Costa anche il radicale di +Europa Magi, che ha votato al fiducia al governo Conte due. «La riforma – ha detto – è pura propaganda perché inciderà solo su una fetta marginale del fenomeno».
Anche Bonafede, intervistato dal Corriere della Sera, ha ammesso che «il blocco della prescrizione riguarda una minima parte dei processi», confermando però di non voler tornare indietro dalla decisione. «Dal primo gennaio prossimo non succederà l’apocalisse – ha detto ieri durante l’audizione alla camera sulle linee programmatiche del suo ministero – la prescrizione è una norma di diritto sostanziale (che si applica dunque sempre nel senso più favorevole all’imputato, ndr) per cui lo stop dopo la sentenza di primo grado produrrà effetti nella più ottimistica delle previsioni non prima del 2024, forse nel 2027» – perché può applicarsi solo ai reati commessi dopo l’entrata in vigore della riforma.
Dovendo restare sul vago, il ministro ha potuto annunciare solo un intervento per informatizzare tutte le notifiche – «col beneficio del dubbio, nella prima bozza c’è un accordo» – e una prossima convocazione dei capi degli uffici giudiziari per studiare quale sono le buone prassi da imitare per ridurre i tempi dei processi. Su una cosa invece ha confermato di aver cambiato idea: non insisterà nel proporre il sorteggio come metodo di elezione della componente togata del Csm: «Non mi impunto su un sistema elettorale, l’importante è blindare l’indipendenza del Consiglio».
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