«Ridire», la memoria delle parole che raccontano una vita
In scena Lo spettacolo dai testi di Luca Persico, ovvero ‘O Zulù dei 99 Posse. Con la regia di Pino Carbone, ripercorre lotte e canzoni. Al Campania Teatro Festival
In scena Lo spettacolo dai testi di Luca Persico, ovvero ‘O Zulù dei 99 Posse. Con la regia di Pino Carbone, ripercorre lotte e canzoni. Al Campania Teatro Festival
«Se le regole sono ferme, e non rispettano le nuove forme, e non rispettano i nuovi arrivi, tutti i pensieri veri sono i cattivi». Sono queste alcune tra le «parole a fare male», come recita il sottotitolo, dello spettacolo-concerto Ridire che ha debuttato al Campania Teatro Festival lunedì scorso. Un viaggio intorno alla vita e ai testi di Luca Persico ovvero ‘O Zulù, cuore pulsante dello storico gruppo hip hop partenopeo 99 Posse. Un’operazione in cui il cantante ha saputo mettersi in discussione sotto vari aspetti: nel calcare un palco così diverso da quelli a cui è abituato senza snaturarsi, nel raccontarsi a cuore aperto e soprattutto nel riprendere in mano quel patrimonio di parole scritte da trent’anni a questa parte per dargli una forma nuova.
I VERSI estrapolati dalle canzoni formano un mosaico organico il cui materiale è però magma incandescente. Schegge di una vita trascorsa ai margini nonostante il successo, contro tutto e tutti, provando sulla propria pelle la sofferenza di sentirsi sempre altro – né black bloc né disobbediente, ma piuttosto cane sciolto e terrone – una diversità da rivendicare con uno smisurato orgoglio. Tra italiano e dialetto napoletano le parole, oltre ad essere sincere e tuttora pungenti, acquistano una dimensione poetica che si dischiude proprio grazie all’immersione in un nuovo contesto rispetto ai beat e all’andamento canoro del rap.
Una dimensione immaginata e realizzata insieme al regista Pino Carbone, l’attrice Francesca De Nicolais e il violinista Edo Notarloberti che accompagnano ‘O Zulù in scena. Lo spettacolo inizia con una spoliazione di sé: Persico sale sul palco nella sua classica «divisa» fatta di anelli, piercing e lungo pizzetto che però si rivela finto nell’atto di liberarsi di tutti questi stilemi. Come a sottolineare che il tempo è passato e che una sorta di distanza è necessaria per «ridire», circostanza che si potrebbe estendere al luogo in cui si svolge lo spettacolo con un’atmosfera e un pubblico sicuramente diversi rispetto all’Officina 99, il centro sociale dove tutto è cominciato ormai trent’anni fa.
Nella prima parte veniamo infatti riportati agli anni Novanta con i versi che raccontano quell’«odio mosso da amore», le occupazioni, i cortei, la rabbia di una generazione che ha vissuto la politica come scelta esistenziale. Genova 2001 è il naturale spartiacque, un buco nero a seguito del quale ‘O Zulù perde le coordinate: «Volevano che facessi il testimonial o il testimone, io invece non volevo raccontare niente, ho viaggiato per andare dove non mi conosceva nessuno e dove c’erano focolai di ribellione». Al suo ritorno Persico lascia i 99 Posse e si lancia nel progetto Al Mukawama con cui scrive le parole da brividi di Giuanne Palestina, dedicata ad un ragazzo ucciso ad un posto di blocco, una storia che richiama quella di Federico Aldrovandi. La vita del cantante però in questi anni si complica a causa delle dipendenze, «forse volevo morire» confessa, fino al matrimonio avvenuto nel 2009 e alla nascita del figlio che hanno rappresentato il nuovo inizio.
L’ATTRICE De Nicolais rende scenicamente questi due eventi importanti con grande ironia prima dell’inizio dell’ultima parte, quella che ci porta ai giorni nostri e agli album più recenti, virando più marcatamente sul versante del concerto prima del picco di intensità finale, un’ultima esplosione autobiografica dalla canzone Leggi armate.
«Nella sua vita e nel suo percorso artistico ho sempre sentito un’urgenza, le canzoni dei 99 Posse mi hanno formato» racconta il regista Pino Carbone, anche lui napoletano. «Nello spettacolo ci sono tre linguaggi che concertano tra di loro, ma ognuno con la propria autonomia: il teatro, la musica e la parola. Ho scelto di iniziare e chiudere facendo pronunciare a Luca due momenti del Cyrano de Bergerac», su cui Carbone aveva già lavorato nello spettacolo L’Assedio, «perché le parole che il personaggio dice, oltre ad essere bellissime, hanno bisogno di una credenziale: quella di dire’non mi vendo, preferisco continuare a scrivere piuttosto che impegnarmi affinché ciò che ho scritto faccia successo’. Per me Luca è un Cyrano, una persona che si batte per la verità, per la poesia, per il conflitto».
IL REGISTA è legato allo spazio Ex Asilo Filangeri, dove anche Ridire è stato provato: «A livello di produzione artistica queste realtà sono fondamentali e vanno difese in maniera decisa e dichiarata. Oggi più che mai perché il sistema teatro ha indebolito i piccoli spazi che sono essenziali, sono le palestre in cui c’è la possibilità di sbagliare. L’Asilo si pone come una frontiera culturale, a metà tra l’ufficiale e il non ufficiale, in sintonia con la storia dei 99 Posse che è fatta sia di occasioni ufficiali che di sostegno a cause che richiedevano un approccio di altro tipo». La prossima data dello spettacolo è prevista in Sicilia, a Noto, nell’ambito del festival Codex il 21 agosto, per «dire ancora una volta» in questa trasmissione di vissuto senza filtri.
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