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Riciclarsi agli studios, lupi travestiti da lupi sotto i riflettori

Riciclarsi agli studios, lupi travestiti da lupi sotto i riflettoriCinecittà negli anni ’50

Cinema Il libro di Mario Tedeschini Lalli «Nazisti a Cinecittà» sulle SS divenute interpreti nel cinema del dopoguerra. Karl Hass, collaboratore di Priebke, recitò con Visconti, Coletti e Scavarda

Pubblicato 19 giorni faEdizione del 20 settembre 2024

Il romano Silvio Magnozzi dopo l’8 settembre 1943 lascia l’esercito regio dove era sottotenente e va in montagna con la Resistenza nella zona di Como. Dopo un’azione deve recarsi presso la padrona di un albergo. Solo che prima di lui sono arrivati i nazisti. E uno di questi minaccia di ucciderlo con il mitra, se non fosse che la figlia della proprietaria salva la vita a Silvio uccidendo il nazista con un colpo di ferro da stiro in testa. Una storia già sentita e soprattutto già vista perché si tratta dell’inizio di Una vita difficile, il film di Dino Risi del 1961 sceneggiato da Roberto Sonego. E allora bisogna dire anche che Silvio è interpretato da Alberto Sordi e la giovane che lo salva è Lea Massari che nel film diventerà sua moglie.

MA CHI ERA il nazista armato di mitra? Qui emerge una vicenda sconvolgente perché si tratta di Borante Domizlaff un nazista autentico, accreditato tranquillamente con il suo vero nome nei titoli di testa. Domizlaff nel 1944 a Roma era Sturmbannführer (maggiore), praticamente il secondo di Kappler. E in quanto tale partecipò all’eccidio delle Fosse Ardeatine entrando tra i primi per ammazzare. Infatti per questo fu mandato a processo nel 1947 ma, mentre Kappler venne condannato all’ergastolo, lui e altri vennero assolti in quanto esecutori di ordini. Domizlaff però non lasciò l’Italia, rimase qui, collaborando con monsignor Alois Hudal, vescovo austriaco, che favoriva l’espatrio di nazisti in Argentina. Qualche anno dopo si sposò, barcamenandosi, probabilmente come interprete di italiano-tedesco a Cinecittà, scrisse anche un paio di sceneggiature sull’esperienza della guerra in Italia. Partecipò anche come interprete in La ciociara di Vittorio DeSica e in Tutti a casa di Luigi Comencini. Praticamente «il nazista della porta accanto», almeno così lo definisce Mario Tedeschini Lalli, autore di un libro accuratissimo e documentatissimo, uscito qualche tempo fa, Nazisti a Cinecittà, Nutrimenti editore, che ricostruisce le paradossali e odiose vicende che hanno legato dei criminali nazisti al nostro cinema, forse inconsapevole di avere reclutato autentici aguzzini che interpretavano se stessi. Tornando a Domizlaff, rimase in Italia, partecipò alla rocambolesca fuga di Kappler, poi, rimasto vedovo, rientrò in Germania dove visse tranquillamente sino alla fine dei suoi giorni. Ovviamente senza alcun ripensamento, tantomeno pentimento.

Un altro personaggio che si nascose nel cinema italiano indossando una divisa da nazista fu Karl Hass. Anche lui maggiore delle SS a Roma. Anche lui attivo carnefice alle Fosse Ardeatine. Anche lui attivo a Cinecittà, grazie al controspionaggio statunitense e al ministero degli interni italiano che nell’immediato dopoguerra. Senza andare troppo per il sottile lo reclutarono in funzione anticomunista, risparmiandogli qualsiasi processo. Ma Hass non si limitò a questo. Nel 1955 partecipò (non accreditato) al film Londra chiama Polo Nord di Duilio Coletti, un tentativo di ripulire la facciata compromessa dei militari tedeschi con un’operazione di controspionaggio in piena guerra fredda, con Curd Jurgens protagonista. Hass interpreta il comandante di un drappello delle SS che si occupa di un convento tramutato in prigione per antinazisti. Ma quel che più colpisce della figura di Hass è un’altra partecipazione, quella svolta sul set di La caduta degli dei di Luchino Visconti. Partecipò anche a La linea del fiume di Aldo Scavarda come generale tedesco. Evidentemente esperto di questioni naziste. Infatti, fu uno stretto collaboratore di Priebke, cui lo ha legato una solida cameratesca amicizia nel corso degli anni. Un’amicizia che però, alla lunga, gli è costata cara perché quando Priebke è stato arrestato e processato, accanto a lui come imputato c’era anche Karl Hass, condannato all’ergastolo, anche se, ormai era trascorso mezzo secolo dai crimini perpetrati.

L’ALTRO PERSONAGGIO che sembra avere partecipato a film è Otto von Wächter, che in quanto nazista tolse il Von nobiliare dal suo cognome. Nobile di nascita, non di fatto perché il nostro fu prima governatore del distretto di Cracovia dove fece scempio di ebrei (allora faceva parte del distretto della Galizia, oggi Ucraina), prima di essere nominato comandante dell’amministrazione militare tedesca della Repubblica Sociale Italiana per poi rientrare a Berlino poco prima della sconfitta. Nel 1946 il governo polacco chiese al governatore militare della zona gestita dagli statunitensi di poterlo processare. Ma Wächter riuscì a rimanere uccel di bosco. Così finì a Roma sotto l’ala protettrice del vescovo Alois Hudal che gli diede rifugio in Vaticano dove il nazista morì di malattia nel 1949. E allora perché compare nella ricerca di Tedeschini Lalli? Perché per alcuni riscontri si suppone che per le diecimila lire di paga partecipò a La forza del destino e Donne senza nome. Ma davvero a Cinecittà nessuno si pose mai problemi. Se lo chiede Tedeschini Lalli e ce lo chiediamo stupefatti anche noi.

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