Il governo Meloni ci riprova a Porto Empedocle. È qui che vuole detenere i richiedenti asilo, almeno quelli provenienti dai cosiddetti «paesi sicuri». Ai quali si possono applicare le procedure accelerate di frontiera: un iter più rapido della domanda di protezione, perché con meno garanzie e diritti, che secondo il decreto Cutro dovrebbe svolgersi dietro le sbarre.

Il primo tentativo di introdurre questa nuova forma di privazione della libertà personale, che anticipa il dettato del Patto europeo su migrazione e asilo, risale allo scorso anno. In quell’occasione andò a sbattere contro 19 ordinanze del tribunale di Catania relative al centro di Modica-Pozzallo, in provincia di Ragusa. Disapplicarono la norma nazionale ritenendola in contrasto con quella comunitaria. Ad aprire le danze delle non convalide dei trattenimenti fu la giudice Iolanda Apostolico, alla fine del settembre 2023. Le sue decisioni mandarono su tutte le furie l’esecutivo e contro di lei partì una campagna denigratoria.

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EPPURE QUANDO a gennaio la vicenda è finita davanti alle Sezioni unite della Cassazione, in seguito ai ricorsi del Viminale, i massimi giudici italiani hanno scelto di passare la palla alla Corte di giustizia dell’Ue chiedendo di verificare la legittimità della garanzia finanziaria che i richiedenti asilo dovrebbero versare per evitare la detenzione. A marzo il tribunale di Lussemburgo ha deciso che non c’erano ragioni per trattare il caso come urgente. La decisione, dunque, non sarebbe arrivata prima di un anno e mezzo o due, rischiando di paralizzare la strategia governativa in Sicilia e soprattutto in Albania, dove i trattenimenti si baseranno sulla stessa norma.

Così a giugno il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è intervenuto con un altro decreto per modificare la fideiussione e provare a smarcare l’ostacolo della Corte Ue: ora è previsto un importo variabile da 2.500 a 5mila euro (originariamente era fisso sulla cifra più alta) e una valutazione giurisdizionale caso per caso. Vedremo se sarà sufficiente per archiviare le perplessità della magistratura italiana.

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SUI CENTRI IN ALBANIA – la cui apertura è programmata per il 10 agosto, tanto che ieri il sottosegretario di Stato Alfredo Mantovano ha detto: «stanno per diventare operativi» – è competente il tribunale di Roma, dove ai giudici della sezione specializzata hanno precettato le ferie agostane. Su quello in Sicilia, invece, le decisioni non toccheranno più a Catania ma a Palermo: Porto Empedocle è in provincia di Agrigento ma in quel tribunale non c’è una sezione immigrazione. Lo spostamento 160 chilometri più a est della struttura di detenzione dei richiedenti asilo ha poco di casuale.

Il Viminale vorrebbe partire a strettissimo giro ma la notizia sembra sia stata comunicata tardi al tribunale del capoluogo di Regione, che non si è potuto organizzare per far fronte a un simile impegno nel mese centrale dell’estate. Così i casi rischierebbero di finire davanti ai magistrati delle altre sezioni che vengono «prestati» per le emergenze, con esiti incerti. Strada facendo si capirà quali priorità prevarranno nel dettare le tempistiche.

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INTANTO IERI AMNESTY International ha acceso i riflettori su un altro centro di detenzione in cui i richiedenti asilo sono privati sistematicamente della libertà personale: quello di Samos, isola greca situata a due chilometri dalle coste turche. È stato aperto nel 2021 dopo l’incendio del campo profughi di Moria, nella vicina Lesbo, grazie a una parte dei 276 milioni stanziati dalla Commissione Ue per garantire, almeno nelle promesse, migliori condizioni in diversi centri multi-uso.

A Samos, invece, sono state registrate pericolose situazioni di sovraffollamento. Soprattutto tra giugno 2023 e gennaio 2024, riporta il report dell’ong, quando con l’aumento degli arrivi sono state recluse fino a 4.850 persone a fronte di una capienza di meno della metà. Recentemente è stata portata a 3.650 posti ma senza incrementare gli alloggi. «Un incubo distopico: un campo altamente sorvegliato, privo dei servizi più basilari», denuncia Amnesty.

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AL SUO INTERNO le persone dovrebbero restare massimo 25 giorni, come previsto dalle procedure accelerate di frontiera, ma a volte il limite viene superato e comunque il trattenimento è disposto «senza considerare le circostanze individuali, in violazione del diritto e degli standard internazionali, che stabiliscono che la detenzione a fini esclusivamente migratori è consentita solo in circostanze eccezionali».

Per Deprose Muchena, direttore della divisione Impatto sui diritti umani di Amnesty International, Samos rappresenta «una finestra sul futuro del Patto Ue su migrazione e asilo». Il pacchetto di norme che rivoluzionerà l’architettura delle politiche migratorie comunitarie è stato approvato alla fine della scorsa legislatura e ha avviato la trasformazione dell’«Europa-fortezza» in «Europa-prigione».

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