Nella lettera inviata dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen ai capi di Stato e di governo, a poche ore dal primo Consiglio europeo post-voto, c’è un unico tema: l’immigrazione. È quello che, al di là delle sfumature nei toni e nelle posizioni formali, fa convergere un arco di forze più largo della maggioranza di socialisti, liberali e popolari, includendo pezzi di estrema destra. Principalmente italiana.

«Quando si guarderà al passato il 2024 sarà considerato un anno fondamentale per la politica Ue in materia di migrazione e asilo, con l’adozione e l’entrata in vigore del Patto», recita l’incipit. Si riferisce al regolamento votato alla fine della scorsa legislatura che segna il passaggio dall’Europa fortezza all’Europa prigione, proponendosi di incarcerare lungo le frontiere esterne decine di migliaia di richiedenti asilo durante l’esame «accelerato» delle loro richieste di protezione. Una vergogna permessa dai voti di socialisti (a eccezione del Pd), liberali, popolari e Fratelli d’Italia.

A che serve l’estrema destra quando i moderati sono questi? A nulla, almeno sul tema migratorio. Rispetto al quale la lettera, un contentino alla premier italiana tagliata fuori dai giochi che contano sulle nomine, serve a indicare la continuità dell’azione politica comunitaria nei prossimi cinque anni. Continuità con la progressiva apertura all’impostazione di Giorgia Meloni, e dei precedenti governi italiani anche di centro-sinistra, che ha il suo perno negli accordi con i regimi dei paesi che circondano il Mediterraneo.

A partire da quello siglato un anno fa dal «Team Europe», Meloni-von der Leyen-Rutte, con il tunisino Saied. La presidente della commissione lo ricorda insieme a quelli seguiti a ruota: con la Mauritania, firmato insieme al leader socialista spagnolo Sánchez, con l’Egitto di Al-Sisi e con il Libano. Menzione a parte merita la rivendicazione della cooperazione con la Libia, paese trasformato in un centro di schiavitù e tortura dei migranti subsahariani dall’esternalizzazione della frontiera Ue. Von der Leyen sostiene di essere a lavoro su «alternative alla detenzione per donne e bambini». Chissà, forse un giorno potranno evitare gli stupri dei carcerieri finanziati dall’Europa. Per gli uomini pazienza, come quelli ritratti nudi davanti ai loro secondini in un video pubblicato martedì da Refugees in Libya. È girato nel centro di Bir Ghanam, a sud di Zawyia, una struttura gestita dal dipartimento immigrazione del governo tripolino di Dbeibah.

La lettera ai paesi membri sottolinea poi l’impegno, nazionale e comunitario, a trovare «strategie innovative per prevenire la migrazione irregolare affrontando le richieste di asilo lontane dalla frontiera esterna dell’Ue». Anche qui è Meloni a dettare la linea con il suo progetto albanese. Gli altri seguono, al di là del colore politico. Su tutti il governo tedesco, con il forte interessamento del cancelliere Scholz e della ministra dell’Interno Faeser, entrambi socialdemocratici.

Così mentre al parlamento italiano la premier promette di continuare la battaglia per provare a pesare in Europa, non può che esprimere soddisfazione per la lettera di von Der Leyen: l’approccio anti-migranti rimarrà «al centro delle priorità anche nel prossimo ciclo istituzionale». Del resto nella missiva la parola «diritti» ricorre due volte, quella «frontiera» sedici e la «solidarietà» è intesa solo come legame tra Stati, mai nei confronti delle persone in fuga da guerre e povertà. Sulle politiche migratorie l’estrema destra non ha bisogno di stare nella maggioranza, è maggioranza. Nei contenuti.