Richard Corben, il tratto grottesco dell’underground
Fumetti Addio all'illustratore di «Heavy Metal». Aveva esordito nel 1968 sulle pagine della fanzine «The Voice of Comicdom»
Fumetti Addio all'illustratore di «Heavy Metal». Aveva esordito nel 1968 sulle pagine della fanzine «The Voice of Comicdom»
«Leggendario»: ecco un aggettivo che sta su tutto. Però ci sono casi in cui questo «marchio di qualità» è giustificato. Guardando al fumetto a stelle e strisce, vengono in mente Will Eisner, Carl Barks o Jack Kirby. Il 2 dicembre scorso, per i postumi di un intervento al cuore, è partito per il Valhalla anche Richard Corben. Arduo compulsare le librerie di casa per cercare qualche scheggia dell’artista underground classe 1940 di Anderson, Missouri: al netto di qualche recente exploit per le major, del Maestro si erano perse le tracce da un bel pezzo. I pochi editori italiani che osavano affacciarsi alla porta del riservatissimo Corben nella speranza di riuscire a riportare sugli scaffali le sue opere più luminose andavano regolarmente a sbattere contro la diffidenza del nostro per ogni rischio di maltrattamenti. Così, l’unica chance odierna di rituffarsi nelle glorie del passato è recuperare a caro prezzo la ristampa datata 2019 di Mondo Mutante curata dallo sceneggiatore e sodale Jan Strnad, disponibile però solo in inglese e francese. Oppure, buttarsi sul mercato dell’antiquariato alla ricerca delle magnifiche opere edite a suo tempo da etichette come Comic Art, Nuova Frontiera e soprattutto Milano Libri Edizioni. Durante la prima metà degli Anni ’70 è proprio la ridotta di Oreste del Buono il vero e proprio trampolino di lancio per le opere dell’ex allievo del Kansas City Art Institute arrivato alla notorietà con l’approdo a Métal Hurlànt.
SE MOEBIUS, Druillet e Caza si erano lanciati nello spazio per spostare i confini della fantascienza un po’ più in là, l’americano stupiva con un approccio mutuato in gran parte da narratori classici come Robert E. Howard o Edgar G. Burroughs. Quindi, niente viaggi interstellari né «storie a forma di farfalla» come quelle vagheggiate dai colleghi transalpini. Ma dimensioni primordiali lussureggianti o desolate in cui far muovere perfette macchine celibi come Den, il suo personaggio più muscolare e celebrato. Tre le principali coordinate utilizzate da Corben per inchiodare il lettore alla poltrona: storie estremamente lineari e tutte imperniate sul «viaggio dell’eroe» teorizzato da Jung, Campbell, Vogler, etc. Uno stile di disegno apparentemente grottesco ma in realtà pienamente aderente al canone del comic book, con un’attenzione meticolosa al chiaroscuro spesso raggiunta attraverso il confronto con modelli 3D in plastilina. E dulcis in fundo, una passione per il corpo femminile che traspariva dalle sue donne procaci, sensuali o pericolosissime a seconda dei casi.
DOPO L’ESORDIO nel 1968 sulla fanzine «The Voice of Comicdom», Richard Corben si era fatto notare con altri fumetti a tiratura limitata come Skull, Death Rattle e Weird Fantasies, poi c’era stato il passaggio alla mitica Rivista «Creepy» della Warren, e poi la fama mondiale, con le storie iconiche e le scappatelle rock sulle cover di Meat Loaf. All’alba degli Anni ’80, dopo Heavy Metal, era diventato editore in proprio con Fantagor Press. Gli ultimi anni sono quelli di collaborazioni sempre accattivanti ma forse più prevedibili: Poe, Lovecraft, Conan, Hulk, Hellboy… Un crepuscolo degli eroi, nobilitato da un segno sempre perfetto.
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