Com’è tradizione, la fiera della piccola e media editoria Più libri più liberi, aperta da ieri a domenica 10 dicembre nella Nuvola dell’Eur di Roma, ha proposto nel suo primo giorno un convegno sull’andamento del mercato del libro in Italia, a cura dell’Associazione italiana editori (organizzatrice dell’intera manifestazione) insieme a Nielsen BookScan. L’incontro è sempre una buona occasione per capire come vanno le cose, e così è stato pure stavolta, anche se non si può dire che si siano sentite grandi novità.

Al contrario, con minime variazioni i numeri (visibili online nel sito dell’Aie) sono all’incirca gli stessi dell’anno scorso: nei primi undici mesi del 2023 si è registrato un piccolo calo di copie vendute (- 1,3%) e un modestissimo aumento (+0,3%) a valore; e di fatto invariata è la quota occupata dai piccoli e medi editori, il 50,1 %, la metà del mercato complessivo. Anche nei canali di vendita tutto è (quasi) fermo: giustamente le librerie fisiche brinderanno all’un per cento in più rispetto all’anno scorso, ma per capire se si tratta di un fenomeno consolidato, toccherà aspettare. Quanto ai generi, l’unico vero scossone viene dal calo dei fumetti (- 13%), ma l’Aie si affretta a precisare che, se prendiamo come riferimento il 2019, i libri con le nuvolette sono aumentati di uno stratosferico 188,9%.

Tra i movimenti di minore entità, ma comunque percepibili, vale però la pena di segnalarne uno, all’apparenza marginale: la crescita costante della manualistica pratica (non i testi universitari, per intenderci), che segna un notevole + 6,6%. Certo, è probabile che a questo successo contribuiscano in modo sostanziale i libri di auto-aiuto, che promettono ricette a buon mercato per l’arte più difficile di tutte: stare bene con sé stessi e con gli altri. Ma è quasi sicuro che accanto a questi, abbiano un ruolo rilevante i manuali che contengono ricette vere – i libri di cucina, insomma.

Come attesta il successo ultracentenario dell’Artusi, i libri di cucina sono riusciti a ritagliarsi uno spazio perfino in un paese di ipoleggenti com’è l’Italia, anche perché i loro editori hanno avuto l’intelligenza di adeguarsi alle diverse epoche storiche: così, per esempio, La cucina del tempo di guerra di Petronilla ha fornito consigli preziosi negli anni duri del razionamento, mentre Il contaminuti di Elena Spagnol ha dato una risposta coerente al desiderio, tipico degli anni Sessanta e Settanta, di non passare ore a «spignattare» in cucina.

Di questa splendida e necessaria flessibilità è prova un nuovissimo sottogenere di ricettari di cui dà conto su Grist la giornalista, ecologista e pasticcera statunitense Caroline Saunders, autrice di una newsletter intitolata Pale Blue Tart, omaggio al pale blue dot, il «puntino azzurro» della Terra, come l’ha definito l’astrofisico Carl Sagan: secondo Saunders, più o meno da quando nel 2016 è stato accolto sul Cambridge Dictionary il termine climatarian, cioè chi si nutre avendo in mente i danni attuali e futuri del riscaldamento globale, si stanno facendo largo nelle librerie dei ricettari di nuovissima generazione che hanno a cuore il benessere del pianeta, oltre che del singolo individuo.

Non necessariamente vegetariani o vegani, ma sempre attenti alla biodiversità e alla lotta agli sprechi, questi libri hanno titoli espliciti, come Eating for Pleasure, People & Planet di Tom Hunt o One: Pot, Pan, Planet di Anna Jones, e un numero in aumento di lettrici e lettori. Per ora, nota Saunders, lo scaffaletto cibo-climatico è ancora piccolo, ma i venti milioni di ricettari venduti ogni anno negli Usa fanno pensare che crescerà. Se poi salveranno il pianeta e in particolare la specie umana, è un’altra storia.