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Ricerca e bio, così si affossa l’innovazione

E’ chiaro a tutti che il modello biologico è sotto attacco feroce e preordinato, con argomentazioni più rabbiose che scientifiche, che celano un risentimento per un successo conferito prima di […]

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 31 gennaio 2019

E’ chiaro a tutti che il modello biologico è sotto attacco feroce e preordinato, con argomentazioni più rabbiose che scientifiche, che celano un risentimento per un successo conferito prima di tutto dai consumatori e dal mercato che l’agricoltura biotech non ha mai neanche sfiorato. Le nuove decisioni in tema di affidamento dei fondi della Ricerca, purtroppo, confermano un atteggiamento timido della politica.

Lo abbiamo ribadito pochi giorni fa in una lettera al sottosegretario Manzato e agli uffici del ministero rilevando le numerose incongruenze rispetto a quanto previsto dal Piano Strategico Nazionale per l’agricoltura biologica, con specifico riferimento all’azione sulla ricerca e a quanto discusso nel Comitato permanente di coordinamento per la ricerca in agricoltura biologica e biodinamica istituito presso il Mipaaft, che ha compiti di indirizzo.

Dopo una lunga gestazione durata tre anni sono stati infatti finalmente liberati i fondi accumulati per la ricerca per l’agricoltura biologica derivati dalla «tassa sui pesticidi», per oltre 6 milioni di euro. In realtà il gettito di questo fondo sarebbe ben superiore, circa 10 milioni di euro l’anno, ma per le sue finalità ne viene messa a disposizione dal tesoro solo una piccola parte. Questi fondi sono andati per oltre la metà agli Enti ministeriali CREA e ISMEA con aff idamento diretto e i restanti 3 milioni sono andati a bando destinato alle Università.

Nessuno però ci ha ancora comunicato quali sono i temi di ricerca affidati, una nebulosità che ci fa chiedere quanto di questi fondi sia destinato alla ricerca e con quali prospettive di ricaduta sul settore e quanto vada invece a sostegno diretto degli Enti. Inoltre, viene totalmente disatteso il principio di Ricerca partecipata, indicato sia dal Piano Strategico Nazionale sia dal Comitato permanente, essendo la partecipazione degli operatori praticamente inesistente.
Sui bandi inoltre non possiamo che evidenziare la solita schiacciante burocrazia, i tempi troppo stretti per una buona progettazione (14 novembre-29 dicembre); la mancata concessione della proroga richiesta dalle Università che stavano lavorando sulla progettazione; l’assurda esclusione di chi ha già fatto ricerca nel bio e di contro l’apertura a chi di biologico non si è mai interessato; la banalizzazione del concetto di ricerca partecipata (attraverso la possibilità di coinvolgere anche una sola azienda); la mancata comunicazione al Comitato di chi ha presentato i progetti e di chi li valuterà. Infine, è stata totalmente ignorata la richiesta di inserire tra i temi prioritari il Piano sementiero nazionale per l’agricoltura biologica e biodinamica, di cui più volte è stata sollecitata la necessità e l’importanza strategica, al Tavolo tecnico, al Comitato, al precedente governo e a quello attuale.

Le associazioni che lavorano da anni nel settore non possono essere utilizzate come surrogato della partecipazione, con «cooptazioni» postume a tavolisu cui si attingono informazioni. La ricerca scientifica a sostegno di un modello innovativo di agricoltura è la migliore risposta che si possa dare alla richiesta di sostenibilità ambientale e alimentare dei consumatori. Ma questa ricerca va sostenuta e indirizzata, diversamente da quanto fin qui accaduto.

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