Walter Ricciardi (Oms): «Bloccare i voli può essere controproducente»
Sale la febbre «Qualche cautela in più sarebbe giustificata se le agenzie internazionali e gli altri paesi avessero agito in ritardo, ma non è questo il caso»
Sale la febbre «Qualche cautela in più sarebbe giustificata se le agenzie internazionali e gli altri paesi avessero agito in ritardo, ma non è questo il caso»
L’Italia è uno dei pochi paesi ad aver bloccato i voli da e verso la Cina, nel tentativo di fermare alle frontiere il nuovo coronavirus. Oltre all’Italia, anche Russia, Australia, Usa e Giappone hanno preso la stessa decisione. Com’era prevedibile il governo cinese non ha gradito l’isolamento: la difficoltà di circolazione delle persone in un sistema economico globale integrato amplificherà l’impatto economico dell’epidemia. Anche centinaia di italiani in Cina si sono trovati in difficoltà nel tentativo di tornare a casa. Il blocco può essere aggirato facendo scalo in uno dei paesi che non hanno chiuso le frontiere, a patto di potersi permettere costose modifiche degli itinerari. Eppure, venerdì scorso il governo ha confermato la decisione.
Il ministro Speranza ripete di volersi attenere alle istruzioni della comunità scientifica. In realtà l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha condannato il blocco italiano. «Queste limitazioni rischiano di aumentare la paura e le discriminazioni e hanno scarsi risultati in termini di salute pubblica», ha detto il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus. «Le restrizioni possono arrecare più danno che benefici, mettendo in pericolo la condivisione delle informazioni e le forniture mediche e danneggiando le economie».
Tra i 34 membri del Consiglio Esecutivo dell’Oms c’è anche un rappresentante italiano. È Walter Ricciardi, professore all’Università Cattolica di Roma. È stato presidente dell’Istituto Superiore di Sanità fino al 2018, quando si dimise in dissenso con le posizioni «anti-scientifiche» del governo giallo-verde. «In alcune circostanze”, spiega al manifesto, «si possono prendere in considerazione misure del genere. Ma nel caso specifico l’Oms ha stabilito, sulla base delle evidenze scientifiche, che il blocco dei voli è ingiustificato nei confronti di un virus con questa contagiosità e con questi numeri». Il blocco può rivelarsi controproducente dal punto di vista della gestione del rischio. «Si spingono i viaggiatori a compiere scali intermedi per aggirare il blocco e così perdiamo il controllo delle persone. Prima del blocco, la Cina forniva informazioni dettagliate su ogni turista in viaggio verso l’Italia, permettendo di monitorare i casi a seconda della provenienza. Ora rischiamo di non disporre più di queste informazioni».
Durante un’emergenza globale, è necessario coordinare le iniziative. «Qualche cautela in più sarebbe giustificata se le agenzie internazionali e gli altri paesi avessero agito in ritardo, ma non è questo il caso», spiega Ricciardi. «Così si rischia di minare il clima di fiducia e solidarietà. La Cina si è sentita abbandonata. Dagli Usa, che è uno stato rivale, lo avevano messo in conto. Ma dall’Italia, considerata un paese amico, questo non se lo aspettavano». Al ministero bocche cucite sulle reali motivazioni di un blocco che rischia di danneggiare gli sforzi internazionali. Ma osservando ciò che è successo in passato, i dati sembrano dare ragione a Ricciardi. Al di là dell’effetto psicologico rassicurante, da non trascurare nella gestione di un’emergenza del genere, chiudere le frontiere contro le epidemie ha sempre avuto scarso successo.
Nel 2009 vi fu un caso da manuale, quando il Messico bloccò i voli internazionali contro l’influenza H1N1. «È impressionante osservare che il calo del 40% nel flusso dei viaggiatori ha portato a un ritardo dell’arrivo dell’infezione in altri paesi di meno di tre giorni», hanno scritto i ricercatori dell’Isi di Torino, dell’Inserm francese e dell’Università dell’Indiana che nel 2011 hanno analizzato in dettaglio i dati. La considerazione vale a maggior ragione per il nuovo coronavirus, che è più contagioso dell’influenza.
Lo conferma un’altra ricerca realizzata nel 2014 all’università di Nottingham su 23 casi internazionali: “le restrizioni agli spostamenti hanno ridotto l’incidenza dei nuovi casi di meno del 3% (…) Non abbiamo trovato alcuna prova che la limitazione degli spostamenti possa contenere l’influenza all’interno di un’area geografica definita”, scrivono i ricercatori. «Le limitazioni degli spostamenti possono ritardare la diffusione del virus, ma non possono impedirla».
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