Riccardo Ricciardi, vicepresidente del Movimento 5 Stelle, parte dal dissenso al consiglio dei ministri di lunedì scorso sui poteri speciali al sindaco di Roma per spiegare la fase attuale, i rapporti nella maggioranza e quelli con il Partito democratico. «L’inceneritore di Roma rappresenta una retromarcia di anni – afferma – Lo diciamo al governo che parla di transizione ecologica. Al Pd, in particolare, diciamo che il fronte progressista lo si fa con le scelte concrete. Nel decreto approvato ieri ci sono tutte le nostre battaglie delle ultime settimane, dalla tassazione degli extraprofitti agli aiuti alle famiglie. Mettere in mezzo anche la norma sui rifiuti a Roma non è normale. Lo consideriamo grave e un mero ricatto».

L’inceneritore di Roma è già un caso politico nazionale?
Nasconde un’idea di futuro: per noi è inaccettabile pensare ancora a incenerire i rifiuti. A proposito delle spese militari ci dicevano che l’Italia rischiava di non essere «credibile». Ma anche l’impegno che abbiamo preso con le future generazioni sulla transizione ecologica ha a che fare con la serietà e la credibilità.

Sulla guerra chiedete che Draghi riferisca in aula.
Lo deve al paese. Conte durante la pandemia era in aula ogni 15 giorni a riferire come stava andando il contagio, era giusto che fosse così. Sono due mesi che il presidente deve spiegare qual è la politica e la condotta dell’Italia e cosa andiamo a dire agli alleati e in Europa.

C’è un pezzo di paese che non è rappresentato su questi temi.
Non facciamo calcoli elettorali, se li avessimo fatti in questo governo non saremmo neppure entrati. Riteniamo però davvero pericolosa questa fase sempre più aggressiva e che manchino parole che vanno nel senso opposto: è sparito il termine «negoziati». Lo notiamo noi e se ne accorge l’opinione pubblica, mi stupisce che non lo facciano altri.

Fino a che punto si può trattare?
Non vogliamo un’escalation militare ma un’escalation diplomatica, così che l’Europa svolga un ruolo da protagonista. Cosa che non sta avvenendo. Su questo, noi come tutti vogliamo capire e confrontarci in parlamento, che è il luogo giusto per discutere.

Conte dice che si incatenerà al parlamento per il salario minimo.
Era una provocazione che evidenzia un dato reale: c’è gente che viene pagata tre euro all’ora. È inaccettabile. Abbiamo una nostra proposta di legge sul salario minimo che cerchiamo di portare a casa senza forzature. Abbiamo concesso agli altri i giusti tempi di riflessione. Ora dobbiamo accelerare. Il campo progressista si misura anche su queste cose, non solo nelle dichiarazioni del primo maggio. Quella legge è sacrosanta, altrimenti la dignità del lavoro non esiste più.

Si farà la legge proporzionale?
Crediamo da sempre che sia il sistema migliore perché più rappresentativo, specie dopo il taglio dei parlamentari. Abbiamo la nostra proposta: il brescellum.

Col proporzionale vi distinguereste ancora di più dal Pd?
Siamo già distinti. Vogliamo portare avanti il campo progressista e tutti devono farlo. A partire da tre proposte molto urgenti. Il lavoro deve assumere centralità. Del salario minimo abbiamo detto. Poi serve una procura nazionale che si occupi di sicurezza sul lavoro: anche oggi come tutti i giorni abbiamo un bollettino di pace che semina vittime. E poi bisogna rivedere la contrattazione per arrivare ad un nuovo statuto dei lavoratori.

Se le amministrative di giugno dovessero confermare un calo del M5S ci saranno correzioni alla linea politica?
Faccio parte del M5S da ancora prima che si chiamasse così. Ho visto amministrative disastrose e poi politiche trionfali nelle quali siamo arrivati al 25% e pure al 33%. Per molte ragioni per il M5S le amministrative sono sempre state altra cosa rispetto alle politiche. Il nuovo corso di Conte ha tra i suoi obiettivi quello di costruire radicamento nei territori, ma una cosa del genere non si fa nel breve periodo. Abbiamo a che fare con partiti che sono sul territorio e lo governano da anni. Per questo non possiamo considerare quella scadenza una verifica. Forse la prima verifica reale saranno le regionali in Sicilia.

Beppe Grillo torna da consulente, anche ben pagato. È un modo da parte di Conte per controllarlo e delimitarne il ruolo?
Il M5S è totalmente rinnovato. Bisogna formalizzare e ridefinire alcuni passaggi anche dal punto di vista burocratico. È stato fatto pure con Grillo, anche se un contratto non basta a definire il suo peso politico. È ovvio che ha una posizione importante.

Però comanda Conte.
Conte è il leader del Movimento 5 Stelle, su questo non ci piove.