Riano va di «Moda», economia circolare al femminile
Due stanze zeppe di stoffe, manichini, stampelle e gomitoli di filo, sui tavoli da lavoro macchine da cucire, circondate da nastri e forbici. Una sartoria in miniatura nel centro storico […]
Due stanze zeppe di stoffe, manichini, stampelle e gomitoli di filo, sui tavoli da lavoro macchine da cucire, circondate da nastri e forbici. Una sartoria in miniatura nel centro storico […]
Due stanze zeppe di stoffe, manichini, stampelle e gomitoli di filo, sui tavoli da lavoro macchine da cucire, circondate da nastri e forbici. Una sartoria in miniatura nel centro storico di Riano, dove vengono realizzati vestiti e accessori attraverso il riutilizzo di capi usati. Si chiama «D’Altra Moda» il laboratorio nato nel 2017 dall’intraprendenza di Marina Di Pietro, assessora allo sviluppo, come un progetto di formazione professionale e promozione del piccolo artigianato.
Un settore un tempo fiorente a Riano che oggi rischia di sparire del tutto, anche a causa delle trasformazioni del tessuto produttivo che stanno alterando i connotati dell’hinterland romano, rendendolo un’area di stoccaggio logistico e capannoni Ikea, Gls, Mondo Convenienza.
Tramandare il prezioso sapere artigiano della sartoria è uno degli obiettivi del laboratorio «D’Altra Moda» e la sorgente di questo flusso di conoscenza e abilità è soprattutto Silvia, di origine abruzzese e con alle spalle 40 anni di esperienza nell’haute couture. Al progetto partecipano donne di età, provenienza e background diverso. Miriam ad esempio è di origine peruviana e dipinge, ha messo questa sua capacità a disposizione del laboratorio usando vernici da stoffa per creare disegni originali su abiti, borse e scarpe usate che grazie a questa opera di restyling diventano pezzi unici. Michela, invece, si è trasferita a Riano da 10 anni, e segue da vicino gli sviluppi pratici del progetto e la ricerca di contatti e relazioni. «A ottobre diventeremo una cooperativa» spiega Michela «fino ad ora il laboratorio viveva di donazioni, non avevamo una struttura fiscale per poter vendere i nostri prodotti, e non riuscivamo a ricavare dei redditi da questa attività. Ma visto l’entusiasmo di tutte e il bisogno che abbiamo di uscire dalla precarietà abbiamo deciso di seguire l’iter per diventare una impresa collettiva. Presto sarà possibile acquistare le nostre creazioni, intanto si possono seguire gli sviluppi sulla nostra pagina facebook «D’ Altra Moda».
I locali in cui svolgono le attività delle sarte di Riano si trovano nel centro storico del paese, in un edificio adiacente all’antico castello medievale, dentro il quale le donne hanno allestito anche una piccola bottega informale. Il progetto è anche un modo per rivitalizzare il centro del paese che come molti borghi del centro Italia subisce un progressivo svuotamento di attività commerciali e luoghi di socializzazione. «Il centro è sempre meno vissuto, i locali chiudono perché il grosso della popolazione si trova nella parte bassa della cittadina, più vicino alle arterie stradali che portano a Roma e nelle zone limitrofe. Questo progetto è anche un modo per noi per riprenderci un pezzo di città e ridargli vita» dice Marina Di Pietro, assessora e fondatrice del laboratorio.
La caratteristica di questa iniziativa è quella di essere cerniera tra passato e presente. Si interpreta un’arte tradizionale, quella della sartoria manuale, adattandola alle esigenze del presente. «D’Altra Moda» infatti è un progetto di economia circolare, vuol dire che utilizza solo materiali di scarto, realizzando un principio di moda sostenibile. Quello tessile infatti è il secondo settore più dannoso per l’ambiente, responsabile a livello globale del 20% dell’acqua sprecata e del 10% delle emissioni di Co2. L’attività nata a Riano acquisice i materiali con cui lavora dalla cooperativa New Horizons, un altro progetto di impresa dal basso. Costituita alla fine degli anni ’80 da un gruppo di ex detenuti tra le varie attività l’impresa fa anche raccolta e smistamento di oggetti e e abiti usati, in particolare gestisce i disavanzi dei negozi requisiti alla malavita. Un circolo virtuoso ed ecologicamente sostenibile che adesso dovrà iniziare a misurarsi sul mercato. Le premesse sono buone, con il crescere della consapevolezza ambientale unita alle congiunture economiche poco favorevoli, il mercato dell’usato è in crescita in Italia, le ultime stime sul 2017 parlano di 21 miliardi di euro e una crescita del 11% sull’anno precedente.
«Lo scorso anno siamo state selezionate dalla regione Lazio per lo stand regionale alla Mostra Internazionale dell’Artigianato di Firenze, circa un mese fa invece abbiamo partecipato a un incontro sull’economia circolare organizzato dall’associazione A Sud dove erano presenti diverse realtà da tutta Italia» – racconta Michela. «Piano piano stiamo cercando di costruire relazioni con altre esperienze di economia circolare e sostenibile, siamo in tanti ed è importante fare fronte comune e creare insieme la consapevolezza che è possibile produrre e consumare in modo etico».
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