Ha preso in prestito la penna e lo spoken word di Joshua Idehen, poeta anglo-nigeriano, noto per le sue rime apocalittiche con The Comet is Coming e Sons of Kemet, per rappresentare oralmente il concept dell’ultimo disco, Layers, seconda pubblicazione in proprio su Hyperjazz per il producer calabrese, romano d’adozione. Mentre Shabaka, leader dei due progetti sopracitati, si era dichiarato, a suo tempo, estraneo ai sussulti dell’Afrofuturismo (!), Khalab emana di per sé una sorta di misteriosità aliena. Non é bianco, né nero, è l’«alterità», l’ «Altro» di Raffaele Costantino, tramite cui attivare un’operazione di displacement, di dislocazione del punto di vista. E’ sempre stata infatti l’azione che parte dalle periferie, creando movimenti dislocati, ad interessarlo, perché solo così può raccontare la frammentazione, la diversità culturale, dis-assemblando, dis-adattando e riadattando, disappropriando e riappropiando, in un procedimento nel quale il senso ultimo è sempre rinviato e posticipato, anelato e irrisolto per non lasciarsi ingabbiare. Da Drone Ra evocante presenze anfibie a Tribal Noise, il disco fa perno sulla coralità per destratificare l’idea che sia mai esistita un’unica identità.