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Repressione cilena, resistenza argentina: Minsk è delle donne

Repressione cilena, resistenza argentina: Minsk è delle donneDonne in bianco marciano a Minsk contro il presidente Lukashenko e la repressione della polizia – Ap

Bielorussia Catene umane in 40 città bielorusse contro le violenze del regime. Un 25enne pestato a morte. La polizia ammette: usiamo le pistole. Oltre 6mila arresti e centinaia di feriti. Lukashenko in tv: «Criminali disoccupati»

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 13 agosto 2020

Sta diventando sempre più drammatica la situazione in Bielorussia. Alexander Vikhor, un residente di Gomel di 25 anni, è deceduto ieri sera in ospedale per le percosse subite dopo essere stato arrestato domenica in una retata contro i dimostranti anti-Lukashenko.

«Si sono rifiutati di farmelo vedere. È stato picchiato duramente. Chiedo alle persone che erano con lui nell’autoblindo che quando usciranno dalla prigione mi dicano la verità! Come me lo hanno combinato Sasha in prigione, me lo hanno massacrato. Voglio solo che la gente sappia che questo vile governo ha ucciso mio figlio», ha dichiarato sconvolta la madre.

Secondo la prima ricostruzione il ragazzo, che aveva problemi cardiaci, era rimasto per ore in una autoblindo sotto il sole e aveva iniziato a dare in escandescenze. Per cui dopo essere stato “ripassato” dagli uomini dell’antisommossa, era stato ricoverato in un ospedale psichiatrico. E solo quando il personale si è accorto che era agonizzante è stato trasferito in ambulatorio, dove è morto.

Era stata dura la scorsa notte per l’opposizione in Bielorussia. Il movimento, sfiancato da 6mila arresti e con centinaia di feriti negli ospedali, con scarsi collegamenti dovuti alla mancanza di internet e senza una direzione, era ripiegato nei quartieri quando nelle strade e sugli autobus la polizia aveva messo in atto dei veri e propri rastrellamenti picchiando e arrestando chiunque avesse al polso il braccialetto bianco, divenuto simbolo della resistenza al regime.

E invece al quarto giorno di proteste in Bielorussia sono entrate in campo le donne a scombinare i piani della dittatura di Lukashenko. È bastato che ieri mattina la rete web tornasse in funzione per la necessità di far funzionare le strutture produttive, amministrative e finanziarie perché gruppi di donne di vari quartieri di Minsk con mariti, fidanzati e figli arrestati, prendessero l’iniziativa di organizzare vicino a Piazza della Repubblica una catena umana per chiederne la loro liberazione.

La manifestazione, riuscitissima – c’erano davvero donne di almeno tre generazioni – è stata una mossa tattica intelligente per spezzare la soffocante cappa della macchina repressiva e del corto circuito degli scontri di piazza che rischiava di essere un cul de sac per l’opposizione.

L’iniziativa aveva un così grande successo che in pochissime ore catene umane di donne iniziavano a formarsi spontaneamente in 40 città. Come ai tempi della dittatura dei generali di Videla furono le madri di Plaza de Mayo a prendere in mano l’opposizione e trascinare fuori dal periodo più buio della sua storia l’Argentina – seppure in piccolo – ora le donne bielorusse si stanno caricando sulle spalle la battaglia per la democrazia nel loro paese.

E con grande tempismo le donne curde del Rojava si sono rivolte a quelle bielorusse: «Noi donne internazionaliste curde esortiamo le nostre sorelle bielorusse a essere in prima linea in questa rivoluzione. Dicono che la guerra non abbia un volto di donna e noi crediamo che la rivoluzione possa avere solo il volto di una donna. Solo una donna con la sua intelligenza emotiva, capacità di empatia e impavidità indistruttibile è in grado di portare il cambiamento nella società. La liberazione delle donne e della società non è una questione di presidenti e di governo, ma di solidarietà delle donne nella società e nelle famiglie».

Allo stesso tempo, seppur con maggiori comprensibili difficoltà (incrociare le braccia è illegale in Bielorussia), si sta estendendo lo sciopero generale. Ieri si sono aggiunti alla protesta i lavoratori della Trade House BMZ e gli impiegati e i facchini della Metro. Anche a Grodno alla azienda Azot tutto è fermo.

Lukashenko è apparso in tv solo per pochi minuti per ripetere le accuse contro chi scende in piazza: «La spina dorsale di tutti questi cosiddetti manifestanti è composta da persone con un passato criminale che oggi sono disoccupate». Ma il vero autogol lo ha fatto il capo della polizia di Brest: ha dichiarato in conferenza stampa che i suoi uomini avevano usato armi da fuoco contro il manifestanti la scorsa notte. Dopo un’ora ha ritrattato ma la frittata mediatica era fatta, le sue parole aveva fatto già il giro del mondo.

A proposito di mondo. Finalmente nella Ue si è riusciti a trovare un punto di mediazione, denunciando la farsa elettorale di domenica scorsa, ma difficilmente ci saranno conseguenze pratiche e le violenze contro il popolo bielorusso continueranno inesorabili.

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