Visioni

Renzo Arbore, cinquant’anni pop

Renzo Arbore, cinquant’anni pop

Televisione Domenica 13 dicembre su Rai storia una giornata dedicata allo showman dalle 9.30 del mattino a notte fonda

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 11 dicembre 2015

Sembra quasi una «beatificazione» – ma il celebrato è ben vivo e vegeto –  la giornata che Rai storia ha messo in cantiere per domenica 13 dicembre dalle 9.30 del mattino fino a notte fonda, per rendere omaggio ai primi «cinquant’anni» in Rai di Renzo Arbore. «Non bisogna soffrire di nostalgia, ma bisogna ricordare che c’è la memoria» – sintetizza Walter Veltroni fra le decine di ospiti della sala degli arazzi di viale Mazzini alla presentazione dell’Arbore day. E Arbore è un fiume in piena, date, luoghi persone e aneddoti. Difficile frenarlo. Dall’esame sostenuto insieme a Gianni Boncompagni per entrare in Rai: «credo siamo stati gli unici a sostenere un esame di questo tipo, scritto e orale, davanti a una giuria formata da grandi professori della musica, tutti accademici. Mi ricordo che li misi anche in imbarazzo perché non sapevano la differenza fra una danza come il Madison e l’hully gully». Insomma niente nostalgia, ma è certo che il palinsesto messo a punto per domenica costringe a un tuffo spaziale nel tempo e un deja vu, spesso destabilizzante: L’altra domenica, Quelli della notte (ricorrono proprio quest’anno i 30 anni dalla messa in onda), Amico flauto, trasmissioni e sketch a rincorrersi freneticamente nell’arco di ventiquattr’ore.

«Quest’iniziativa – spiega Silvia Calandrelli direttrice di Rai Cultura – sarà una sorta di treno delle meraviglie che si fermerà nelle tante stazioni costruite da Arbore». E scorrono nel promo le immagini di una giovanissima Patty Pravo, un dirompente Wilson PIckett, Mariangela Melato. Si comincia con due trasmissioni del 1981: Tagli, ritagli e frattaglie e Telepatria international con Luciano De Crescenzo, un gioco della memoria sui temi dell’umorismo, dove spunta Lory Del santo nel ruolo di archivista.

Il gioco, lo scherno e il ribaltamento delle situazioni, Arbore nei suoi show prende luoghi comuni per farli sistematicamente a pezzi. «Volevo sprovincializzare gli spettatori – racconta – far vedere ai miei amici della provincia cosa succedeva a Roma e New York». Insomma, Arbore come anima pop italiana, coloratissima, e un po’ maniaca. I 50 anni vengono celebrati non solo sul canale tematico Rai ma con iniziative editoriali, un disco di swing – la sua passione che definisce «un balsamo contro l’epoca di terrore che stiamo vivendo» e una mostra negli spazi del Maxxi di Roma Videos, radios, cianfrusaglies dall’eloquente sottotitolo Lasciate ogni tristezza voi ch’entrate aperta dal 19 dicembre al 3 aprile.

Tanta radio, da Bandiera gialla ai fasti nei ’70 di Alto gradimento: «Io e Boncompagni – sottolinea – siamo stati i primi a fare satira. Utilizzavamo le voci dei politici estrapolandole dalle tribune elettorali e ci costruivamo dei siparietti comici. Ma non era facile, perché per ottenere il nulla osta andavo di persona alle segreterie di Andreotti, Pajetta, Almirante. L’unico che ci disse di no fu Malagodi…». Le pastoie della burocrazia: «Bracardi si divertiva a irrompere negli studi vestito da Dracula. Di solito erano trasmissioni tutte registrate, ma un giorno piombò nel bel mezzo di una diretta di Ubaldo Lay Voi ed io, e tentò di azzannarlo al collo. Il tenente Sheridan lo denunciò all’intendente di Palazzo, una figura storica di via Asiago, che ci convocò nel suo ufficio…».

Il clou della giornata arriva in prima serata con il documentario inedito di Fabrizio Corallo «girato a casa mia» – spiega Arbore, dal titolo Quando la radio. «Con Boncompagni ho scoperto la mia vena comica, abbiamo cominciato a improvvisare come si faceva in America, così evitavamo di scrivere prima i testi». «La radio di oggi – chiosa Marco Presta, una delle voci del Ruggito del coniglio – è più faticosa, ci si occupa molto di attualità e si fa meno satira perché la realtà è talmente agghiacciante che basta quella. L’impressione è che Arbore e il suo gruppo, si divertissero molto».

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