La pax «epifaniana», ovvero l’armistizio firmato lunedì scorso alla prima riunione del comitato per le regole del congresso Pd, ha retto appena un giorno. Come nella migliore tradizione della ’ditta’. È bastata un’intervista dell’ex segretario Pier Luigi Bersani, l’ennesima «a titolo personale» per l’ex leader, che alla trasmissione 8 e mezzo (La7) ha spiegato che «il segretario lo eleggono gli iscritti». Secondo lui, naturalmente, poi «decide il collettivo».

Un messaggio per Renzi, evidentemente, che – stavolta insieme a molti altri, dai veltroniani ai giovani turchi – ha messo come condizione alla sua partecipazione alla corsa per la leadership proprio l’apertura dei gazebo a tutti gli elettori.

La replica, a mezzo tv, non si è fatta attendere. Ieri mattina da Agorà (Rai3) il sindaco di Firenze ha ripetuto l’avvertimento: «Se il Pd pensa solo a non far partecipare alle primarie le persone, se l’obiettivo del gruppo dirigente del Pd è ’come ti frego il candidato’, io ho una buona notizia per loro: se vogliono fare le regole loro, io resto a Firenze tranquillo». Chiudere i gazebo ai soli iscritti, com’è successo nel 2012, dà l’idea «di essere un partito arrogante». E stavolta Renzi non vuole «passare da fesso»: «Tre volte ho detto ai fiorentini: vado via da Firenze se mi cacciano o se c’è la possibilità di guidare il paese. Tutte le volte che mi hanno proposto di fare il parlamentare, il ministro o il sottosegretario ho detto no».

Renzi sbraita, ma una cosa chiara la dice: la sua intenzione è quella di «guidare il paese» e non il Pd. E gridare all’esclusione non sarebbe una brutta maniera di investire il tempo, in attesa che il governo Letta cada. Del resto in questi giorni al suo indirizzo sono arrivati molti messaggi ’di peso’ in questo senso: vai bene per la guida del paese, magari studiando (lo ha detto in sostanza D’Alema lunedì al seminario di Italianieuropei sulla forma partito, seguito a ruota dal segretario Epifani), ma non per quella del partito, dove i maggiorenti si attrezzano per uno scontro tutto interno alla componente ex diessina o socialista (Cuperlo, Civati, e per parte bersaniana forse Epifani).

Le regole «non si toccano», dice Renzi. «E allora cosa l’abbiamo fatta a fare la commissione Congresso?», replica il bersaniano Davide Zoggia, responsabile organizzazione Pd.incarnando perfettamente la parte di successore di Nico Stumpo. «Quando abbiamo fatto la prima riunione della commissione, lunedì scorso, c’è stata condivisione da parte di tutti sulle proposte avanzate da Epifani. Partiamo da lì». Sembra la perfetta riedizione dell’assemblea nazionale del Pd dell’ottobre 2012, in cui la «chiusura» dei gazebo fu votata all’unanimità con una formulazione vaga, e un minuto dopo partì lo scontro. Non a caso anche Renzi è tornato al «io» e «loro», intendendo il Pd.

Ma stavolta la maggioranza bersaniana non c’è più, e in tanti sono pronti a dare una mano al sindaco per stoppare l’attivismo dell’ex segretario. Anche perché un Renzi che si autoesclude dalla corsa alla segreteria a causa di regole blindate può tradursi in uno tsumami sul congresso del Pd.

Bersani, naturalmente, nega l’intenzione di stoppare Renzi e ricorda di aver voluto lui la clausola statutaria che ammettesse alle primarie lo stesso Renzi. «Primarie aperte? Mi sono stufato. Nessuno è più aperto di me e poi le iscrizioni si sono fatte anche l’altra volta». Ma una cosa è iscriversi all’albo degli elettori al momento del voto, altra iscriversi a un partito.