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Renzi, una “cosa di sinistra” (moderata) prima delle elezioni

Renzi, una “cosa di sinistra” (moderata) prima delle elezioni

Unioni civili Il partito della nazione si presenta (quasi) unito e determinato per l'approvazione del ddl Cirinnà, una mossa strategica che nei piani del presidente del Consiglio dovrebbe anche servire a strizzare l'occhio alla sua sinistra in vista delle complicatissime amministrative di giugno. Ma saranno in tanti ad attribuirsi il merito di aver finalmente approvato un provvedimento doveroso che è già legge in quasi tutti i paesi d'Europa

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 7 gennaio 2016

Non capita tutti i giorni, anzi non è mai capitato fino ad ora, che al Pd di Matteo Renzi convenga saggiamente fare un cosa di sinistra e per di più presentandosi (quasi) unito davanti al suo elettorato. Sta capitando proprio in queste ore (anche se la prova del nove sarà il prossimo 26 gennaio quando il ddl Cirinnà verrà discusso in aula) grazie al tema delle unioni civili, una legge controversa eppure molto moderata tanto che nemmeno la chiesa sembra intenzionata a partire per le crociate. Per approvarla però servirà un maggioranza trasversale tipo patto col diavolo (anche con i voti decisivi dei penta stellati), ma è probabile che Angelino Alfano (Ncd) si limiterà ad abbaiare senza mordere, tanto gli basterà per ritagliarsi la parte del buon cattolico e incassare qualche bonus di credibilità a destra.

Questa ritrovata unità strategica che strizza l’occhio a sinistra dovrebbe tornare utile soprattutto al presidente del Consiglio che a metà gennaio riunirà la direzione del partito per discutere la questione più spinosa: le elezioni amministrative di giugno. Almeno lui ci spera. E’ su questo terreno che cercherà di vantarsi di aver portato a casa un provvedimento “di sinistra”, più che altro per ammorbidire la sua fronda interna visto che ormai nelle città più importanti la frattura con la sinistra non sembra ricomponibile (a Torino, Bologna, Roma e Napoli, mentre a Milano Sel non ha ancora deciso se stare dentro o fuori dalle primarie del Pd).

La strategia, oltre che doverosa in uno dei paesi più arretrati d’Europa sui diritti civili, potrebbe però rivelarsi poco determinante a livello elettorale. La bandiera delle unioni civili, infatti, sicuramente verrà sventolata anche dagli avversari più agguerriti del partito della nazione. Il Movimento 5 Stelle, per esempio, farà pesare i suoi voti determinanti per l’approvazione della legge nella sua integralità. Non solo. A Roma, la situazione più complicata per il Pd, alle primarie del 6 marzo potrebbe esserci addirittura una folla ad attribuirsi il merito per il buon esito della partita; di sicuro Roberto Giachetti, l’ex radicale su cui vorrebbe puntare Matteo Renzi, ma anche Sinistra Italiana e, qualora dovesse decidere di tornare in campo, soprattutto l’ex sindaco Ignazio Marino (lo scorso gennaio è stato lui a dare il via libera all’istituzione del registro delle unioni civili in Campidoglio, uno sgarbo che in Vaticano un signore potente non gli ha mai perdonato).

La questione delle unioni civili del resto è “divisiva” solo in parlamento, e quindi per il Pd potrebbe risultare poco spendibile nelle elezioni di giugno. Anche perché da tempo, in assenza di una legge dello stato, molte città si sono dotate di un registro amministrativo per il riconoscimento di fatto delle coppie dello stesso stesso. Un “surrogato”, ma significativo. Quindi portare a casa una “cosa di sinistra” è sempre cosa buona e giusta, ma in molte realtà locali suona come sfondare una porta aperta e certo non come un irresistibile richiamo alle urne. A Milano, per esempio, Giuseppe Sala, che sulla carta rappresenta l’ala destra dell’offerta Pd alle primarie, ha rilanciato dicendo che lui voterebbe “senz’altro le unioni gay con i 5 Stelle”. Quanto all’assessore e candidato Pierfrancesco Majorino, questo è pane per i suoi denti: dopo essersi battuto per le unioni civili anche contro il suo partito (Pd), ha detto che nella prossima giunta vorrebbe una persona formata nelle lotte Glbt e ha rilanciato la proposta di celebrare le unioni civili a Palazzo Reale, dove a Milano si celebrano i matrimoni.

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