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Renzi, sofferenza bancaria

Renzi, sofferenza bancariaMatteo Renzi a Pontassieve – LaPresse

Governo Gli enti di credito come quello di papà Boschi salvati a spese dei risparmiato. L'esecutivo tenta di metterci una pezza, ma non sarà per tutti. Il presidente del Consiglio sente la protesta e prova a difendersi: «Abbiamo salvato quattro istituti che altrimenti avrebbero chiuso»

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 6 dicembre 2015

Stavolta Renzi tornerà parzialmente indietro. Il decreto salvabanche verrà modificato con un emendamento inserito nella legge di stabilità: per salvare i piccoli azionisti, che il governo aveva svaligiato defraudandoli dei loro risparmi, ma soprattutto per salvare il governo e il partito da un’ondata di piena che minaccia di travolgerli. Verrà istituito un «fondo di solidarietà», al quale concorreranno le stesse banche e il governo. In quale misura i salvati parteciperanno al fondo è ancora incerto. Potrebbe trattarsi della metà del totale, come chiedono le medesime banche, oppure dei due terzi,come preferirebbe il governo.

Neppure sulla cifra complessiva però c’è chiarezza. Renzi e Padoan lo vorrebbero di 100 milioni, ma in commissione Bilancio lo stesso Pd insiste per portarlo a 120. «Con la perdita di valore delle azioni – afferma il presidente della commissione Boccia – il governo non c’entra nulla, perché è un bubbone che ha ereditato. Per trovare una soluzione c’è bisogno del contributo di tutti e la cifra di 120 milioni individuata dal Pd è quella giusta». È un particolare di non poco conto, dal momento che i piccoli azionisti alla fine ci perderanno certamente: si tratta di capire quanto.

Non è detto che il rebus venga sciolto oggi: più probabilmente gli emendamenti chiave verranno congelati e la discussione rinviata a quando sarà stata trovata la quadra. La commissione bilancio di Montecitorio, riunita in sessione domenicale, discuterà con sul collo il fiato di degli stessi azionisti, che hanno convocato una manifestazione di fronte alla camera. Il partito che avvertirà più direttamente la tensione è proprio il Pd: perché è il partito-governo ma soprattutto perché i piccoli azionisti dei quattro istituti salvati (Banca Marche, Banca popolare dell’Etruria e del Lazio, Cassa di risparmio di Ferrara, Cassa di risparmio della provincia di Chieti) rappresentano un campione esemplare dell’elettorato del Pd, quello delle regioni rosse: Toscana, Emilia, Umbria. In tutto, i defraudati sono 130mila, e il valore delle azioni vaporizzate nel giro di poche ore si aggira sui 780 milioni di euro.

Sulla manifestazione, organizzata dalle «Vittime del salvabanche», ha già messo il cappello l’M5S. Grillo ha invitato i suoi ad appoggiare la protesta convocata per le 15: «Il Pd ha salvato le banche, ora salviamo i risparmiatori». Retorica facile, ma in questo caso innegabilmente efficace. Salvini, che promette di manifestare anche lui giovedì prossimo ad Arezzo, va giù più duro: «Il governo ha salvato Banca Etruria (la signorina Boschi ne sa qualcosa?) fregando azionisti e obbligazionisti».
Tanto è vistoso l’arrembaggio dei pentastellati e dei leghisti, altrettanto è palese l’imbarazzo del governo. Centinaia di mail e messaggi inviati davvero a tutti, Matteo Renzi incluso, e un’ostilità che nelle città dissanguate si avverte per le strade, hanno chiarito che l’incidente è serio e grave. La Boschi, il cui padre è vicepresidente di Banca Etruria, ha preferito disertare i banchetti della sua Arezzo ripiegando su Ercolano. Persino Renzi ha perso un po’ dell’abituale tracotanza: «È una questione delicata. Il punto centrale è che senza il governo quattro banche avrebbero chiuso. Ora stiamo studiando qualche forma di sollievo a un particolare tipo di titolari di obbligazioni».

Sulla carta il premier non ha torto. Di fatto il governo – consigliato anche del geniaccio della finanza nonché amicone David Serra – e Bankitalia, nella fretta di salvare le banche, non hanno minimamente preso in considerazione la differenza tra i grandi azionisti e obbligazionisti e i piccoli risparmiatori. In teoria anche questi ultimi hanno «accettato il rischio» di condividere la sorte della banca. In realtà nella stragrande maggioranza dei casi, si sono limitati ad accogliere il consiglio che gli veniva fornito dai funzionari della banca stessa, investendo in quello che veniva indicato come un porto sicuro. L’emendamento con annesso fondo ci metterà una pezza. Non restituirà tutto. Non cancellerà la rabbia.

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