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Renzi rottama Mare nostrum

Renzi rottama Mare nostrum

Migranti Alfano annuncia l’inizio della nuova missione Triton. «L’Europa scende in mare», dice trionfante il ministro. Per i migranti aumentano i rischi di naufragio, ma il governo risparmierà qualche milione di euro

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 1 novembre 2014

Adesso bisogna solo sperare che il Mediterraneo sia clemente con le carrette cariche di migranti. Sì perché il governo Renzi ha deciso che da oggi Mare nostrum debba gettare l’ancora per essere sostituita da Triton, la missione europea gestita da Frontex. Le differenze tra le due missioni sono poche ma fondamentali. La prima, e forse la più importante, riguarda quello che si potrebbe definire il diverso spirito che le anima. Mare nostrum è nata come intervento umanitaria dopo la strage di Lampedusa dell’ottobre 2013, e questo ha permesso fino a oggi alle navi della nostra marina militare di spingersi fino al limite con le acque territoriali libiche per salvare i migranti in difficoltà. Con Triton la linea di intervento arretra di parecchio, fino a 30 miglia dalle coste italiane, e la missione avrà soprattutto il compito di garantire una «cogestione rinforzata delle frontiere esterne», così come previsto da un documento approvato al termine del consiglio di Lussemburgo all’inizio di ottobre e come ieri ha tenuto a precisare il ministro degli Interni Angelino Alfano presentando la nuova operazione insieme alla collega della Difesa Roberta Pinotti. Triton, insomma, insisterà più sulla sorveglianza dei confini che sul salvataggio. Certo, le operazioni di soccorso proseguiranno, come si sono affrettati ad assicurare i due ministri ricordando che è la stessa legge del mare a imporlo, ma i tempi di intervento si allungheranno inevitabilmente e non è chiaro se – naufragi a parte – le navi di Triton agiranno direttamente o non si limiteranno solo a segnalare la presenza dei barconi. Con l’effetto di aumentare i pericoli per i migranti, anche perché per arrivare dalla Libia fino in Italia sono costretti a seguire una rotta che passa davanti Malta, notoriamente molto restìa a correre in loro aiuto.
Altra novità sono i costi: Mare nostrum è costata fino a oggi 114 milioni di euro, 9,5 milioni al mese presi direttamente dal bilancio della Marina militare (altro che soldi tolti agli italiani, come dice la propaganda più becera). Triton, stando alle cifre fornite ieri da Alfano, costerà invece 3 milioni di euro al mese presi dal bilancio di Frontex finanziato con fondi europei, e non si capisce davvero come sia possibile mettere in campo una seria operazione di rescue con così pochi soldi.
Per Alfano quello di ieri è stato comunque il giorno della sua piccola riscossa personale. Il ministro degli Interni da mesi polemizza con Bruxelles perché l’Ue si assuma la responsabilità di quanto accade lungo la sua frontiera più meridionale. Richiesta più che legittima, se la risposta data non comportasse una diminuzione delle garanzie per quanti fuggono da guerre e persecuzioni. Problema che non sembra interessare più di tanto il governo, tant’è che Alfano si sofferma soprattutto sul risultato politico raggiunto («l’Europa scende in mare» dice sorridente) e sui risparmi che questo comporterà per l’Italia. «Presto Mare nostrum costerà zero euro» dice mostrando l’indice e il pollice chiusi a formare uno zero ai giornalisti stranieri che stupiti gli chiedono se dobbiamo aspettarci nuovi stragi del mare. Ci sarà comunque un periodo di transizione di due mesi durante i quali Mare nostrum cederà il campo a Triton e che alla Marina costeranno un terzo di quanto spende oggi.
Sedici i paesi che prenderanno parte alla missione europea oltre all’Italia: Francia, Spagna, Portogallo, Finlandia, Lettonia, Islanda, Malta, Olanda, Austria, Belgio, Lettonia, Polonia, Romania, Svezia e Slovenia. Alfano inserisce nella lista anche il Regno unito, nonostante solo poche giorni fa Londra abbia detto chiaro e tondo di non voler partecipare a Triton. «Qualche Paese metterà mezzi navali, elicotteri e uomini, altri tecnici ed esperti», aggiunge. Quanti navi e di che tipo, quanti elicotteri e quanti uomini però non lo spiega, mentre chiarisce che i profughi raccolti in mare continueranno a essere portati in Italia, Paese che ospita la missione Triton. Infine il ministro Pinotti ha assicurato che una nave anfibia di tipo Lpd, con a bordo anche un ospedale, e tre pattugliatori rimarranno a Lampedusa.
Unica vera novità positiva, a patto che si realizzi davvero e non sia il solito annuncio, è la decisone di aprire nei paesi di transito uffici dell’Ue e dell’Unhcr per raccogliere le richieste di asilo. «Come Europa dobbiamo cambiare strategie e chiedere che le domande di asilo siano presentate in Africa», conclude Alfano.
Peccato che a contraddire almeno in parte il ministro intervenga in serata la commissaria agli Affari interni dell’Ue Cecilia Malmstrom. Che sui compiti di Triton e la fine di Mare nostrum sembra pensarla diversamente. «Triton non incide in alcun modo sulla responsabilità dell’Italia di controllare la propria parte delle frontiere esterne dell’Ue – dice -, nonché i suoi obblighi in materia di ricerca e salvataggio delle persone bisognose di soccorso. Confido nel fatto che l’Italia continuerà ad assolvere tali obblighi». Una speranza condivisa oggi da molti.

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