«Renzi-lupetto», la protesta virtuale delle Partite Iva
Quinto Stato L’ironia e l’immaginazione si sono scatenate su twitter per denunciare le conseguenze della riforma dei minimi e dell’aumento delle aliquote per gli autonomi iscritti alla gestione separata dell’Inps. Lo storify della rivolta
Quinto Stato L’ironia e l’immaginazione si sono scatenate su twitter per denunciare le conseguenze della riforma dei minimi e dell’aumento delle aliquote per gli autonomi iscritti alla gestione separata dell’Inps. Lo storify della rivolta
Freelance più forti del festival di Sanremo su twitter, il social media preferito dal presidente del consiglio Matteo Renzi. Dopo gli hashtag #siamorotti, #AnnullaAutogol, #refurtIVA ieri la protesta virtuale delle partite Iva si è rivolta contro un aspetto importante dell’auto-narrazione del premier: la sua esperienza scout. La parola d’ordine è stata, infatti, #paroladilupetto. E l’ironia e l’immaginazione si sono scatenate per denunciare le conseguenze nefaste della riforma dei minimi e dell’aumento delle aliquote per gli autonomi iscritti alla gestione separata dell’Inps. Triplicazione delle tasse per i freelance under 35 che hanno aperto una partita Iva dal 1 gennaio e aumento dell’aliquota Inps dal 27,72% al 30,72%. Una doppia mossa mortale per questo «basso ceto medio» che ha redditi medi mensili netti che oscillano tra i 500 e i 600 euro.
In attesa del consiglio dei ministri-monstre del 20 febbraio, dove il governo dovrebbe adottare la soluzione promessa urbi et orbi da Renzi, nessun tavolo è stato aperto con le associazioni che promuovono da mesi la protesta: Acta, Alta Partecipazione e Confassociazioni. Tutto sembra procedere invece nell’incertezza, il governo non ha ancora preso una posizione e sul tavolo ci sono diverse ipotesi. Per quanto riguarda il disastro sul regime agevolato, sembra accreditata la proposta contenuta nell’emendamento Sottanelli (Scelta Civica) che proroga di un anno la possibilità di aderire al vecchio regime dei minimi, ma solo per gli under 35. Il governo dovrebbe reperire 70 milioni di euro. Una soluzione che non risolve nulla. E, soprattutto, fa slittare il problema all’anno prossimo. Basti pensare alla riforma Fornero delle pensioni che nel 2012 ha aumentato l’aliquota previdenziale dal 27,72% al 33,72% (entro il 2018) per gli iscritti alla gestione separata dell’Inps. L’aumento è stato bloccato per due volte. Il governo Renzi invece non l’ha fatto per il 2015. Nel Milleproroghe c’è l’emendamento Gribaudo (Pd) che chiede di bloccare l’aliquota al 27,72%.
La protesta di ieri ha confermato l’originalità e la trasversalità professionale che ha caratterizzato le mobilitazioni iniziate nell’ottobre 2014 dopo l’appello «Non siamo i bancomat dello Stato» promosso da Acta, Alta Partecipazione e Confassociazioni. La contraddizione politica, ammessa dallo stesso Renzi che ha parlato di un «autogol» del suo governo, riguarda l’ordine del discorso politico (celebrare l’innovazione e gli «startupperoi») e la pratica politica (a questi soggetti le tasse vengono triplicate). Tra le partite Iva si parla di oppressione fiscale o di discriminazione sociale e professionale. Gli iscritti alla gestione separata, ad esempio, rischiano di versare allo Stato fino ad uno stipendio mensile netto in più, mentre i professionisti iscritti ad altre casse continueranno a pagare fino a due terzi in meno. Le conseguenze delle decisioni del governo sono state descritte nell’ultimo rapporto dell’Osservatorio sulle partite Iva: a dicembre, prima dunque dell’entrata in vigore della riforma dei minimi, gli autonomi che hanno aperto nuove posizioni fiscali sono stati il 203% in più rispetto al mese precedente. «È probabile – concludono i tecnici del ministero – che tali soggetti abbiano anticipato l’apertura entro fine 2014, ritenendo il regime allora in vigore più vantaggioso per le proprie attività».
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