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Renzi, la strategia dell’attacco

Renzi, la strategia dell’attaccoMatteo Renzi

Governo Un sabato criticando tutti: movimenti, grillini, giornali, troll e sindaco di Napoli. Che risponde firmando il referendum contro l’Italicum. Il presidente del Consiglio reagisce alle difficoltà allungando la lista dei nemici e prepara l'affondo sulla Costituzione. Verso lo scontro in aula martedì

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 10 aprile 2016

Renzi contro tutti. Prima a Napoli, poi a Roma, il presidente del Consiglio reagisce alle difficoltà moltiplicando i nemici. A Napoli è persino provocatorio: «Hanno organizzato le proteste contro di me, e io sono tornato». Era in realtà un appuntamento programmato da tempo per gli «stati generali del turismo» nel museo ferroviario di Pietrarsa. Fa anche un giro al museo di Capodimonte. «Straordinario – dice – ma ha pochi visitatori, non ci sono i cartelli e l’esposizione è organizzata male».

Poi a Roma, alla scuola di politica del partito, come sabato scorso. Attacca ancora i manifestanti di Napoli: «Hanno tirato pietre, bottiglie, ma non ci fanno paura». Poi, nell’ordine: i parlamentari del Movimento 5 Stelle – «non riescono a dire la verità» – i troll – «ci sono profili falsi che mi attaccano tutti i giorni inventando notizie» – i giornali – «hanno scritto che ho attaccato i magistrati di Potenza» – i magistrati di Potenza – «voglio vedere dove vanno a finire queste indagini». Non è vero, dice, che sta attacca i giudici, «li sto spronando, li invito ad andare avanti». Fino a un certo punto: «Niente invasioni di campo con la politica, non accetteremo mai di essere subalterni alla magistratura». Eppure è la magistratura, non il governo, che ha scoperto il conflitto di interessi della ministra Guidi.
A Napoli un nuovo scontro a distanza con il sindaco. Il presidente del Consiglio si ferma a parlare con alcuni napoletani, di sabato mattina a spasso nei giardini di Capodimonte: «Questa è la città vera che lavora mentre altri fanno polemiche». De Magistris replica a distanza: «Non vuole incontrarmi, ma vedo che è rimasto affascinato dalla nostra città». Poi il sindaco va a firmare per i due referendum contro la legge elettorale. La raccolta è cominciata ieri in tutta Italia. De Magistris è il primo sindaco contro l’Italicum.

La giornata è propizia per gli affondi polemici, e alla fine Renzi recupera anche una categoria di avversari da tempo dimenticata: i «professoroni». «Entro mercoledì chiudiamo il percorso delle riforme costituzionali, quando abbiamo iniziato la bellissima campagna d’ascolto con i professori di diritto costituzionale, il commento medio era “figurati se gli do i miei suggerimenti, figurati se arriva fino in fondo”». Il ricordo è impreciso. Quando il governo ha presentato il primo disegno di riforma costituzionale, oltre due anni fa, non ci fu alcuna campagna di ascolto con i costituzionalisti. Ci sono state invece numerose audizioni dei professori nelle commissioni parlamentari. E numerosissime critiche alla riforma, che permangono al punto da aver ispirato la campagna per il no al referendum costituzionale di ottobre. Il governo non ha dato ascolto ad alcuna di quelle critiche e Renzi ha accusati i «professoroni» di essere solo dei conservatori.

La riforma adesso è all’ultimo passaggio parlamentare. Domani mattina ci sarà la discussione generale in aula alla camera, al termine della quale – nel pomeriggio – il presidente del Consiglio interverrà per la replica. «Tra lunedì, martedì, al massimo mercoledì chiuderemo», ha detto ieri. Non è così facile, perché la decisione di bruciare le tappe è stata presa a maggioranza, la minoranza chiedeva di sospendere i lavori per la campagna referendaria: domenica prossima si vota sulle trivellazioni. Il 12 aprile è appena il primo giorno utile per chiudere la seconda lettura della riforma, quelle che Renzi chiama «la sesta lettura», secondo i tempi che detta la Costituzione. Le dichiarazioni di voto cominceranno martedì e non possono essere contingentate. L’ostruzionismo è prevedibile. Il Movimento 5 stelle ha chiesto ieri con una lettera ai presidenti di camera e senato di anticipare la votazione della mozione di sfiducia legata all’inchiesta di Potenza, «prima che mani sporche di petrolio macchino la Costituzione». Ma già il capogruppo Pd Rosato avverte: «Useremo tutti gli strumenti regolamentari e in ogni caso martedì chiuderemo». Così Renzi in conclusione attacca tutta l’opposizione insieme: «Una classe politica è finalmente pronta a fare le riforme e qual è la risposta delle opposizioni? Decidono di non votare. Hanno paura di perdere».

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