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Renzi il ‘piccionatore’

Renzi il ‘piccionatore’Matteo Renzi, sindaco di Firenze

Democrack Nuovo attacco ai ’capicorrente’. «Epifani si dia una mossa». Leader e candidato, il sindaco vuole conservare lo statuto. Ma comunque vada, quando si voterà, si riapriranno i gazebo. Sale di nuovo la tensione sul congresso. Il 'consiglio' di D’Alema: Matteo aspetti le primarie per Palazzo Chigi, altrimenti logorereremo un buon candidato e eleggeremo un cattivo segretario

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 3 luglio 2013

Nuovo affondo di Matteo Renzi contro il segretario Epifani, accusato di essere un temporeggiatore, e contro le correnti del Pd – tutte tranne la propria – ormai concentrate su come stoppare l’irresistibile prevalenza del sindaco usando la sorprendente arma della divisione interna: al momento, al netto del sindaco di Firenze, gli autocandidati al congresso sono tutti ex ds. E ciascuno in forza a una delle tante ’sinistre’ Pd: Gianni Cuperlo – che ieri ha incontrato i parlamentari a lui vicini -, Stefano Fassina – che non ha ancora deciso se correre ma domani riunirà la sua componente per un confronto con tutto il partito, presente Epifani – e ancora Pippo Civati, Gianni Pittella, Goffredo Bettini.

Renzi attacca dalla sua newsletter: «In privato tutti mi dicono: Matteo, stai buono, ti facciamo fare il candidato premier. Stai buono, che poi tocca a te. Insomma: un bambino bizzoso cui si promette la caramella se non piange. Conosco il giochino: i capicorrente romani prediligono lo sport del tiro al piccione».

Il piccione sarebbe lui. Il sospetto di Renzi è che la richiesta che riceve in privato, lasciare il partito all’apparato e aspettare il suo turno per Palazzo Chigi, sia una trappola. E lui non ci sta, l’ha spiegato sabato alla Frankfurter Allgemeine Zeitung. «Chi vince le primarie aperte dovrebbe essere il candidato a guidare il governo. Certo, non vorrei diventare capo del Pd per cambiare il partito, ma per cambiare l’Italia». Il grande ’cacciatore’, per Renzi, ha un identikit preciso, è D’Alema. Che però non si nasconde e ripete al Tg1 il suo consiglio: «Renzi ha detto sempre che vuole candidarsi a guidare il centrosinistra alle elezioni: aspetti le primarie per il leader del centrosinistra e ci consenta di eleggere il segretario. Altrimenti rischiamo di logorare un buon candidato e eleggere un cattivo segretario».

A prima vista sembra un buon consiglio: il Pd logora chi lo dirige, fin qui due segretari su quattro non hanno fatto il premier e poi si sono dovuti dimettere. D’altro canto, come si può immaginare un Pd rifondato su posizioni laburiste, che nel frattempo sostiene un governo con il Pdl e che dopo, alle primarie, elegge un premier neoblairista e ’liberalsocialista’, cioè Renzi? Difficile. Nel gruppo dirigente Pd c’è chi proietta sulla «base» la propria disinvoltura politica, se non una forma di schizofrenia fin qui inedita nei gazebo. E quindi alla fine non ha torto Renzi a fiutare la fregatura.

Lunedì la commissione di saggi per il regolamento voterà a maggioranza la proposta di rompere l’automatismo del segretario Pd che è anche candidato premier. Ma è una rottura finta, una continuità nella sostanza con le primarie del 2009, quando Bersani propose un’apertura «ad personam», cioè ad Renzi: per permettergli di partecipare alla consultazione popolare. E di perderla.

A stare alle parole, l’attacco di Renzi ai capicorrente è incomprensibile. La data che sarà scelta, fra fine ottobre e novrembre, è quella chiesta da lui, e la partita per la premiership resterà aperta. Del resto, fa notare un’autorevole voce di area veltroniana «che il segretario sia Renzi o qualcun altro, quando arriveremo al momento del voto per le politiche, le primarie si faranno comunque».

Il vero busillis per Renzi è decidere – lo deve fare entro fine anno – se restare a Firenze o lanciarsi alla scalata del partito. E il vero «piccione» non è lui, ma Enrico Letta. Come farà il prossimo segretario Pd, chiunque sia, a ricollocare politicamente il partito senza sconfessare le larghe intese? Non è un caso che Letta preferisca la corsa di Fassina, ex turco ora disciplinato viceministro larghintesista. Quello che Renzi pensa del governo Letta l’ha già detto alla Faz: «I piccoli passi non bastano». D’Alema ieri gli ha risposto, naturalmente si riferiva al Pdl: «Il governo ha una missione: sostenere la ripresa economica e fare le riforme. Noi dobbiamo sostenerlo affinché svolga sua missione. Chi lo vuole far cadere se ne prenderà la sua responsabilita».

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