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Renzi apre le consultazioni

Renzi apre le consultazioniMatteo Renzi – Aleandro Biagianti

Riforme Prima che Letta si metta al lavoro sul «Piano 2014», il segretario del Pd sfrutta la scia di Napolitano e offre alle opposizioni la scelta su tre proposte di legge elettorale. Problematiche

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 3 gennaio 2014

Matteo Renzi prende la scia del messaggio presidenziale. Napolitano insiste sull’urgenza delle riforme, prima fra tutte quella elettorale, e non pone più vincoli di maggioranza nella ricerca di un accordo; il neo segretario del Pd ne approfitta per rivolgere una proposta aperta a tutti i partiti, a Forza Italia, M5S e Sel tanto quanto agli alleati Alfano, Casini e Monti. E lo fa senza aspettare l’iniziativa del presidente del Consiglio, che incontrerà la sua maggioranza la prossima settimana per mettere a punto il «patto» per il 2014. «Mi hanno detto: Matteo, stai fermo fino all’epifania», rivela il sindaco di Firenze sul suo sito. E fa il contrario: «Partiamo, dai». Se Letta comincerà da Alfano, lui già parla con tutti. «Adesso gli altri non hanno più alibi», dice. E aggiunge al già complicato dossier della maggioranza un paio di questioni che sono altrettante dita negli occhi del Nuovo centrodestra: unioni civili e modifica della Bossi-Fini.

Legge elettorale
Sul nuovo sistema di voto Renzi non fa una proposta, ne fa tre. E così evita ancora di dire quale legge elettorale preferisce, malgrado avesse promesso di farlo in tempo per le primarie dell’8 dicembre. Si è poi reso conto che è meglio non ostacolare la partenza della trattativa, alla quale tiene chiaramente più che alla quiete nel governo. Nella lettera indirizzata a tutti i leader di partito, tra le soluzioni possibili manca solo quella che sarebbe la proposta ufficiale del Pd, il doppio turno di collegio. Le altre ci sono tutte: spagnolo, Mattarellum rivisto e legge dei sindaci. Le prime due possono andar bene a Forza Italia, soprattutto la prima, la terza è l’unica che può coinvolgere Alfano. Ma tutte e tre hanno grossi problemi di realizzazione. Perché quando la Corte Costituzionale comunicherà le motivazioni alla base della sentenza che ha bocciato il Porcellum, sarà evidente che liste bloccate e super premio di maggioranza non possono riproporsi. Sia il Mattarellum che il sistema spagnolo prevedono liste obbligatoriamente bloccate, per quanto corte, mentre con il terzo sistema sono comunque preferibili. Il Mattarellum, poi, rivisitato come vuole Renzi – e cioè con l’abolizione dello scorporo e l’introduzione di un premio di maggioranza nazionale del 15% in aggiunta alla regola del first past the post – diventerebbe un sistema ultra maggioritario che in teoria potrebbe garantire la maggioranza assoluta dei seggi anche a chi non raggiunge il 30% dei voti nel paese, esattamente come il Porcellum. La legge dei sindaci è un sistema proporzionale solo sulla carta, che consentirebbe ad Alfano di mantenere un simulacro di autonomia da Berlusconi: l’alleanza sarebbe al secondo turno. La formula funziona però con l’elezione diretta (del sindaco e, nel caso, del capo del governo) che avrebbe bisogno di una modifica costituzionale. Renzi ha tempi molto più stretti e chiede un primo sì della camera entro febbraio.

Riforme costituzionali
Più degli ostacoli è la volontà di fare presto che condiziona Renzi, e lo si vede ancora di più quando si passa alle due proposte di modifica della Costituzione. Una è pacifica: la correzione del Titolo V sulle autonomie, riforma fatta (male) dal centrosinistra. Un’altra va incontro agli umori dell’antipolitica: il sindaco propone «la cancellazione degli incarichi elettivi e retribuiti in senato». Per risparmiare sugli stipendi: senatori sarebbero «i presidenti di regione e i sindaci». Non tutti, evidentemente, visto che in Italia i comuni sono più di 8mila. Quali si vedrà, ma intanto il segretario spinge per sostituire all’elezione diretta la cooptazione delle autorità locali, e la presenta spericolatamente come un passo per avvicinare la politica ai cittadini. Le difficoltà sono tante, la prima molto pratica è quella di convincere i senatori a rinunciare alla rielezione: il 14 gennaio il segretario si dedicherà ai senatori del Pd. La seconda è che i rappresentanti delle autonomie locali sono personalità di partito a tutti gli effetti che non votano in libertà: sterilizzare politicamente la camera delle regioni è impossibile. C’è poi un grande problema costituzionale nel conferire potestà legislativa a chi non è eletto dal popolo e infine resta l’annosa questione delle competenze del nuovo senato. Renzi sceglie di risolverla incamminandosi sul sentiero della ripartizione per materia, lo stesso già sciaguratamente percorso dai saggi di Lorenzago.
Servirà allora un esame approfondito delle sue proposte, con le regole dell’articolo 138. Difficile che entro sei mesi si approvi un testo in prima lettura. E anche così fosse, l’ultimo sì arriverebbe comunque a fine anno. Letta ha promesso il referendum confermativo in ogni caso e lo si può chiedere entro tre mesi; Renzi non può essere da meno. Dunque il trade-off c’è tutto: o le riforme costituzionali o le elezioni nella primavera del 2015.

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