Archiviato – per cinque minuti – il dibattito sui lettori italiani (crescono? diminuiscono? comprano più o meno di prima? sono giovani o vecchi? eccetera eccetera), vale la pena guardare cosa succede fuori dalla porta, e chissà che non ne vengano indicazioni utili per analizzare la nostra situazione con un occhio più disincantato. Particolarmente interessante è il caso francese, se non altro perché i nostri vicini d’oltralpe sono considerati – a giusto titolo – un riferimento per quanto riguarda il mondo del libro, grazie a leggi che vanno a sostegno delle librerie indipendenti, così come degli autori, e soprattutto a una cultura diffusa che continua a vedere nella lettura un valore importante.
Non a caso in un sondaggio realizzato quest’anno dall’Ipsos per conto del Centre National du Livre – modello del nostro Cepell – il dato che colpisce di più è che l’86 % dei francesi si percepiscono come lettori. (Che risultato si otterrebbe se si ponesse una domanda analoga in Italia?). Ma lo stesso sondaggio, che mostra fra l’altro una particolare attenzione alla metodologia applicata, non nasconde che «l’impatto delle altre attività del tempo libero sulla lettura è molto chiaro ed è aumentato dal 2021: più di due francesi su tre ritengono che gli altri loisirs riducano il tempo di lettura» – un fenomeno che riguarda tutti, in particolare i più giovani.
E dunque, in questo 2023, in teoria l’anno del pieno ritorno alla normalità dopo la pandemia (se sarà così, alla luce dei dati recenti, resta da vedere), come procede quella grande istituzione francese che è la rentrée littéraire? Partiamo dalle cifre: tra il 16 agosto e il 31 ottobre, le date che tradizionalmente segnano l’inizio e la fine di questa annuale fioritura di pagine, si prevede l’uscita di 466 titoli, scrive su Ouest-France Florence Pitard, sottolineando che «gli scaffali continuano a ridursi». Un calo rispetto al 2022, quando per la prima volta si era scesi sotto la soglia dei cinquecento titoli, e un tonfo rispetto all’anno del record, il 2010, che nello stesso arco di tempo aveva visto approdare in libreria settecento novità.
Non è solo una cattiva notizia, osserva saggia Picard, rilevando che «già 466 libri sono molti da assorbire per i librai, i lettori e i recensori», e che dunque «i libri potranno avere una maggiore visibilità» soprattutto se, come si spera, «gli editori avranno prestato maggiore attenzione ai libri che pubblicano». Al tempo stesso, la diminuzione delle novità «segnala l’aumento dei costi che le case editrici devono affrontare, con il prezzo della carta in primo piano» e «la previsione della perdita del potere d’acquisto dei lettori». Ma al di là dei numeri, «è difficile dimenticare che questo autunno è segnato da incertezze e cambiamenti nel settore editoriale: Hachette Livre, il terzo editore mondiale, sarà rilevato dal gruppo Vivendi di Vincent Bolloré, anch’esso interessato ai media».
Già, la vera notizia della rentrée è questa, e «la prossimità del miliardario con l’estrema destra francese», come la descrive in modo asciutto Jérôme Lefilliâtre su Libération, giustifica ogni genere di preoccupazione, anche in Italia, paese a cui Bolloré ha dimostrato anche di recente molto interesse. «Il settore è sull’orlo di una destabilizzazione senza precedenti. Avremo tre anni di caos prima di ragionare di nuovo», dice un editore del gruppo Hachette che non vuol essere nominato, mentre Anne-Sylvie Bameule, presidente del consiglio di amministrazione di Actes Sud, «teme che la tendenza emergente alla capitalizzazione accentui la bestsellerizzazione» e di conseguenza un danno per gli editori indipendenti.
Che la Francia non sia più il paradiso dei lettori?