Remo Remotti, il genio dell’avventuriero funambolo
Lutti Morto a 90 anni l'attore, artista e poeta. Una vita vissuta sempre sulla barricata, sfiorava il ridicolo senza mai caderci dentro
Lutti Morto a 90 anni l'attore, artista e poeta. Una vita vissuta sempre sulla barricata, sfiorava il ridicolo senza mai caderci dentro
Remo è morto. Evviva Remo! Da quando ho appreso stamattina della fine della vita di Remo Remotti il mio cuore ha cominciato a sanguinare. Poco dopo, istintivamente, ho chiamato al telefono Morando (Morandini, suo coetaneo) a Milano. Dovevo sapere che almeno lui c’era ancora. Nato il 16 novembre del 1924 sotto il segno dello scorpione Remo se ne va a novant’anni tondi. Novant’anni di vita vissuta pericolosamente, sempre sulla barricata, ogni giorno bruciato con l’ebrezza di un fiammifero che si consuma in fretta. Ricordo quando ero una ragazzina e lui e sua moglie Luisa Loy, sorella del più noto Nanni, erano amici di mia madre. Ricordo un mattacchione, barba bianca su sorriso continuo, l’occhio vispo che controlla tutto. Non era ancora così erotomane (fase che probabilmente ha abbracciato più in là con gli anni), ma faceva ridere. Poi sono passati gli anni, Remo ha recitato la parte di Freud in Sogni d’oro, film che andai a vedere all’Eden con i miei a cui non piacque.
La sua notorietà cresceva e lui era sempre se stesso: schietto, aperto, sboccato. Nel 2002 lo contattai per intervistarlo: stavo girando un documentario dal titolo Sono incinta e sapevo che lui era diventato padre a 64 anni, esperienza alquanto rara. Al telefono, all’inizio, non si ricordava bene di me ma dal vivo, a casa sua, fu affettuosissimo. Mi concesse due o tre ore del suo tempo e rimanemmo in contatto. Fu per entrambi un’esperienza entusiasmante e le sue dichiarazioni, montati ad hoc, sono i momenti più esilaranti. Durante la lunga e fortunata tournée del piccolo film Remo partecipò a molte proiezioni, sempre pronto a dire la sua, a procacciarsi nuovi fan, a far spalancare altre bocche con le sue oscenità. Cit. «Te puzza la fregna, le tre cose per cui vale la pena vivere la fregna il bucio der culo e la sorca, la fica non vale più un cazzo…»
Paradossi sessuali, parole declinate ossessivamente tramite un crescendo scurrile per il gusto di scandalizzare, di ridicolizzare l’ascoltatore, di épater le bourgois Remo teneva in vita un ipotetico pisello eretto durante i concerti, nei reading, nelle interviste incentrate sull’ossessione basilare dell’individuo stereotipata per la prima volta dallo psicoanalista austriaco che aveva avuto la fortuna di interpretare. Chi più di Remo viveva il complesso di Edipo? Figlio unico di madre vedova castrante da cui fuggì tutta la vita, unica donna forse veramente amata (almeno prima di diventare padre).
Si definisce davanti alla mia telecamera «un maniaco sessuale di sinistra» e racconta la sua storia: Una ragazza che aveva 33 anni e io che ne avevo trenta più di lei, 63, mi svegliò dicendo: ’Remo, sono incinta’. Le ho detto, con gli occhi socchiusi: ’e tu mi svegli per dirmi ’ste cazzate?’ (autoironizzando sulla figlia avuta nel 1988 dalla seconda Luisa della sua vita)».
E continuava calcando la mano, come amava fare: «Tra parentesi vi ricordo che, tanto per fare qualche nome, Gary Cooper era già morto, Tyrone Power a 44 se n’era andato, Masaccio a 37 era partito, per non parlare di Piero Manzoni o Yves Klein a 32, io invece a 63 anni, mentre c’è gente che sta lì vent’anni e non ha un figlio, io, volgarmente parlando, con una botta ho fatto tutto». La vita con la sua forza generatrice l’aveva colto alla sprovvista e lui, da avventuriero funambolo, l’aveva abbracciata stritolandola.
Aveva desiderato ardentemente essere riconosciuto come artista visivo, come pittore e invece era finito a parlare con la gente, a recitare se stesso, a scrivere versi impertinenti per tutti quelli che volevano ridere con lui. Sfiorava il ridicolo senza caderci dentro, osava tutte le possibili declinazioni del sesso, «prima del decesso molto sesso», «sesso da ospizio», evocava se stesso intento in pratiche orali senza dentiera, immagini raccapriccianti e comiche allo stesso tempo. Nei suoi racconti il gioco, le persone incontrate, il manicomio, il ricovero coatto a Berlino dove fu trovato nudo in un parco, la fuga dal fascismo in Perù, il ritorno nella città di nascita, amata, vilipesa, trascurata, fonte di ogni malessere così come di ispirazione, come esplicitato nel memorabile testo di «Mamma Roma addio». Remo è morto, evviva Remo!
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