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Relazioni di coppia video(giocose)

Relazioni di coppia video(giocose)

Games Singleplayer, multiplayer, i fratelli, la madre e la figlia, lui e lei: inevitabile lo sdoppiamento del giocatore

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 8 giugno 2024

Ho sempre trovato affascinante il tentativo di molti sviluppatori di creare video giochi che sapessero raccontare, mettere in scena o anche solo sintetizzare efficacemente il concetto di «coppia», intesa nel modo più ampio del termine: coppia amorosa, fraterna o amicale.

I motivi sono almeno due. Il primo è che il videogioco permette, a seconda della scelta di chi progetta, di ricorrere effettivamente alla creazione di esperienze di coppia nel senso più pragmatico possibile: usare due controller, personaggi o periferiche permette di vivere il gioco come una relazione tra persone.
Il secondo riguarda la natura squisitamente «individuale» dell’esperienza videoludica singleplayer: spesso i racconti di questo media ruotano intorno alla possibilità di appropriarci dello spazio di gioco nei tempi, nei modi e negli stili che preferiamo. Il che, se ci pensate, è un po’ la negazione dell’esperienza «sociale» umana, che fa del conflitto, del confronto, del dialogo e dell’autogestione il perno di ogni impalcatura culturale e sociale mai creata.

Al di là del gioco coop o multiplayer, il «singleplayer di coppia» mi è sempre sembrato un affascinante paradosso: da un lato, trovo la sfida creativa quasi insostenibile e, per questo, stimolante; dall’altro, sono un tipo di progetto che in base alla meccanica di relazione tra i personaggi fa subito emergere il messaggio base del gioco. Ossia: cos’è, per chi ha creato quest’esperienza, una coppia?

Prendete Brothers, recentemente riproposto in una versione rimasterizzata. In quel gioco, la meccanica base che connette i due fratelli protagonisti è molto semplice: l’uno è necessario all’altro per procedere, ed ostacoli, livelli e nemici vanno sconfitti «insieme». Il problema è che questa meccanica costruire un rapporto significativo nelle azioni dei personaggi, ma non invece nella fase «comunicativa» del rapporto: non vediamo mai i fratelli discutere come affrontare un enigma; li vediamo solo agire, quasi come se fossero un’unica entità. E lo sono, in fondo, perché a controllarli sarai tu (a meno che non lo si giochi in modalità cooperativa, ma in quel caso vi rimando all’inizio dell’articolo). Il finale esprime nel modo più cristallino possibile cosa il progetto intende per coppia (fraterna): l’uno è parte dell’altro; senza di esso, si avverte un «dolore fantasma» che dura per molto, molto tempo.

Un problema simile ma inverso l’ho avvertito con Open Roads, recente esperienza narrativa che racconta il rapporto tra una madre e la figlia adolescente: un rapporto confusionario, a volte sincero e a volte mendace, capace di essere al contempo titubante e tempestoso, spavaldo e claudicante. In tal senso, rispecchia molto bene quel tipo specifico di coppia. Tramite i dialoghi a risposta multipla possiamo esplorare la storia, la vita e il passato della famiglia, ma al contempo formiamo una relazione più o meno complessa tra i personaggi. In tal senso, il gioco suggerisce che la coppia, o meglio, la coppia che funziona, sia quella che dialoga, in modo anche conflittuale, ma che non si arrende al muro comunicativo che chiunque di noi, a un certo punto, incontra sul suo cammino. Il problema è che, al contrario di Brothers, l’assenza di percorsi «altri» da quello del dialogo sembra suggerire una fiducia quasi cieca nel potere del «discorso»: parlando, tutto si risolve. Purtroppo, sappiamo che non è così. Penso poi, infine, a Banishers, videogioco d’azione/dialogo pubblicato di recente, e che cerca di narrare la coppia amorosa.
Banishers tratta la coppia in un modo intrigante: ci permette di «usare» entrambi gli avatar, rendendo meno netto lo scarto tra il nostro agire e le riflessioni del personaggio controllato. Inoltre, nei combattimenti, i due spesso si sovrappongono, dialogano, a volte persino litigano, creando dei dinamici pratico/dialogici interessanti e funzionali al messaggio. Ma cos’è la coppia, per Banishers? Devo ammettere di non averlo capito del tutto: ero stordito dal quantitativo di «altro» da poter fare, tra un mostro del lago da uccidere e un’indagine spettrale da concludere. Forse, senza volerlo, il concetto di coppia di Banishers emerge da questo problema: il lavoro ci stressa a tal punto che non riusciamo a capirci.

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