Cultura

Reinventare l’amore, anche nella coppia

Reinventare l’amore, anche nella coppiaChiharu Shiota, dalla mostra «Welcome to the Labyrinth Artistic Deception», Marta Herford Museum foto di Guido Kirchner /Ap Images

L'intervista Parla Adeline Dieudonné, autrice di «Resta con me», pubblicato da Solferino. Un romanzo in forma epistolare che indaga la fine improvvisa di un legame cercando di capirne i motivi. Come già il precedente «Cherosene», si tratta di una storia che ha il respiro di un vero road-movie. «Di fronte alle crisi c’è un legame che si forgia tra donne e che è sempre più presente specie con l’ondata post #metoo»

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 25 novembre 2023

Adeline Dieudonné con questo nuovo romanzo, Resta con me (Solferino, pp. 240, euro 17,50) tradotto da Margherita Belardetti, si dedica all’amore. Attraverso la forma epistolare costruisce un lungo monologo riguardante un grande amore finito in maniera improvvisa, lasciando spazio anche agli amori nati e cresciuti prima di quello perduto. Ma perché si è interrotto?

La protagonista del romanzo si trova a confrontarsi con una morte inattesa: ritrova l’amato M. annegato e si rivela incapace di rendere alla famiglia il suo corpo. Sceglie di restare tra il lago e le montagne, ritornando alla normale quotidianità solo attraverso le lettere che scrive alla moglie di M., alla quale vuole infine raccontare ogni cosa. Ed è in questo preciso momento che comincia il road movie, genere prediletto da Dieudonné, ma anche rappresentativo della forza generativa di una dimensione instabile come quella del viaggio – che apre alla precarietà di uno spazio sospeso tra due luoghi e anche se per poco annebbia lo sguardo tempo.

Lo smarginare dello spazio e del tempo consente alla voce narrante il fertile rimembrare della propria storia d’amore. Gli otto anni di amore adultero che si affastellano nella nicchia di spazi vuoti della quotidianità delle rispettive famiglie – secondo la più classica schizofrenia della vita di coppia. Ma non è tutto qui, perché nel monologo la protagonista si abbandona alla narrazione di quelle tracce d’amore e – spesso – di disamore che solcavano la sua vita amorosa prima dell’incontro con M. – riflettendo e rinnegando un passato fatto di ingiunzioni subite e di aggiustamenti continui agli uomini che frequentava.

Non c’è giudizio morale da parte dell’autrice, che invece sembra riportarci alla semplicità complessa dell’amore e delle sue ossessioni: «Ora, oppressa dal cielo nero, in quella pietraia senza via d’uscita, battendo i denti dalla febbre, vedevo l’adolescente che ero stata sedersi accanto a me. Aveva appena varcato i ventisette anni che ci separavano e mi osservava, incredula, delusa. Avrei voluto chiederle scusa, spiegarle che avevo commesso degli errori, che quanto accadeva forse non era quello che immaginava quando cantava Harvest Moon a un ragazzo sotto le stelle, ma che era tutto quello che avevo, che non c’è modo di scegliere, che tutto era meno semplice di quello che lei si figurava e che, a dispetto delle apparenze, la mia storia era bella».

Adeline Dieudonné

Nel suo romanzo l’amante di M. scrive alla moglie di M. due lettere, in cui cerca di entrare in confidenza, di mettersi in relazione con lei. Quale nome darebbe a questo tentativo di interlocuzione tra donne?
L’amante cerca di mettersi in contatto con la moglie perché all’inizio non vuole che si preoccupi del marito: lui non tornerà a casa. Ma poi si rende conto che le deve qualcosa e che forse dirle tutta la verità è un modo per ristabilire una sorta di equilibrio. Si rende conto che l’immaginazione della moglie potrebbe essere peggiore della verità stessa, quindi decide di dirle tutto. Non si tratta di complicità, ma M. non vuole che tra loro ci sia guerra. Non vede l’altra donna come una rivale, ma sente che non occupano lo stesso piano e ha ritenuto importante poterglielo dire.

Il modo di agire della voce narrante ci racconta dell’amore come ossessione – anche a costo di nutrire un delirio. Cosa alimenta questo attaccamento?
La mia eroina si chiede come sia possibile avere una relazione di coppia oggi. Ripercorre la sua storia personale e fa un bilancio della sua vita sentimentale. Non ha mai voluto rinunciare all’amore, ma ha avuto bisogno di liberarsi dalla coniugalità perché si era resa conto che stare in coppia non le si addiceva. Da lì ha cercato di trovare un modo per reinventare l’amore in modo diverso, rendendosi conto di quanto fosse stata condizionata dal sistema patriarcale in cui era cresciuta e in cui erano cresciuti anche gli uomini che aveva amato. Osserva come questo sistema abbia condizionato le sue storie d’amore, come abbia generato violenza e sottomissione, e cerca di liberarsi da tutto questo, da questo sistema, da queste vecchie rappresentazioni che vogliono che la coppia sia necessariamente uno spazio in cui ci si sacrifica, soprattutto in quanto donna, e in cui la violenza sarebbe un male necessario. Lei rifiuta tutto questo e si dice che ci deve essere qualcos’altro da inventare.

Tutto il testo è costruito sulla rimembranza di un passato che non può più tornare e sulla consapevolezza delle finitudini di cui la vita è costellata. Ciò ha a che fare con la malinconia e l’abbandono ma anche con l’egotico e profondamente umano desiderio di accanirsi e non lasciare andare ciò che è perduto…
Sì, si rifiuta di lasciare andare l’uomo che ama. Una morte è sempre qualcosa a cui si vuole resistere. Inoltre lei non solo subisce lo shock della morte dell’uomo che ama, ma non ha nemmeno un posto sociale nel processo di lutto o nel funerale, il che rende la sua resistenza ancora più forte. Si rifiuta di restituire il corpo alla famiglia e lo mette in macchina per partire, senza sapere dove andare. Non può permettersi il lusso di prendersi il tempo che le serve perché la vita va avanti, e la vita che va avanti è anche questo corpo che si sta decomponendo e comincia a reagire come un corpo reagisce nei primi giorni dopo la morte. Ciò la costringe ad affrontare questa realtà, ad accettare che il suo amato se n’è andato per davvero. Siamo con lei, nell’incomprensione che proviamo di fronte alla morte, alla nostra fine e alla fine di tutto. Lei si rifiuta di accettarlo, pur sapendo fin dall’inizio che le cose finiranno. Non ha mai vissuto negando questa realtà; è solo che quando accade, le risulta totalmente inaccettabile.

Pur nella forma di un romanzo epistolare, anche questo romanzo come il precedente «Cherosene» (Solferino, 2021) è costruito come un road-movie? Quali sono i motivi di questa fascinazione?
È vero che anche questo libro a che fare con le automobili. Sarà perché mio padre era un pilota? Non lo so, ci deve essere qualcosa da approfondire con il mio analista… Eppure odio le auto e quando viaggio non è il mezzo di trasporto che preferisco. Però sì, mi interessa la strada, i personaggi in movimento, una forma di transizione, certo, ciò mi interessa davvero. In Cherosene tutti i personaggi sono finiti in una stazione di servizio per un motivo importante, erano tutti parte di un movimento che stava cambiando le loro vite. E mi piace molto questo aspetto, il lato contemplativo della strada, con tutte le riflessioni che si possono avere mentre si guida, perché ci mette in uno stato meditativo che è estremamente interessante, quindi forse è lì che possiamo cercare una spiegazione.

Il rapporto della protagonista con la sorella maggiore Audrey sembra la sola ancora di salvezza. Ci vuole parlare del riconforto di questa sorellanza?
Volevo che la mia eroina si riferisse a un altro personaggio femminile della sua generazione che avesse un rapporto con uomini completamente diverso dal suo. E poi qualcuno doveva anche prendersi cura di lei al suo ritorno. Ed è vero che in generale, almeno per la mia esperienza personale, quando viviamo situazioni complicate in quanto donne, tendiamo a rivolgerci alle nostre madri, alle nostre sorelle, alle nostre amiche, quindi mi è sembrato abbastanza ovvio che lei andasse da sua sorella. Questo romanzo parla molto delle relazioni che le donne hanno tra loro.
La mia eroina scrive alla moglie del suo amante, parla di sua sorella, di sua madre, di sua nonna, ed è una donna anche quella che incontrerà nella foresta e che la aiuterà. Non necessariamente ci trattiamo sempre nel modo ideale, ma è vero che c’è un legame che si forgia e che è sempre più presente con l’ondata post #metoo. Se vogliamo che le lotte femministe vadano avanti, dobbiamo davvero essere solidali le une con le altre. Trovo politicamente importante rappresentare questi legami. Ho sentito davvero il cambiamento intorno a me in questi anni e lo trovo infinitamente prezioso.

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