Negli ultimi anni il sistema capitalistico ha prodotto un disequilibrio permanente, che ha visto succedersi numerose crisi, dalla Lehman Brothers alla debolezza dell’Euro durante la presidenza Draghi, fino al crollo delle borse in epoca Covid. Per questi motivi il pensiero marxista ha talvolta rialzato la testa, ma solo nel mondo accademico (come è evidente per la nuova fortuna di Gramsci), mentre a livello politico è rimasta dominante la sua condanna all’oblio decretata dalla fine dell’Urss. Non è un problema da poco: il pensiero marxista dovrebbe riflettere sulle ragioni della persistenza di questa condanna, nonostante crescano le diseguaglianze economiche e le ingiustizie sociali.

ALLO SCOPO DI RIATTIVARE un discorso marxista nella sfera pubblica sarebbero necessarie almeno due azioni complementari: da un lato, l’attualizzazione dell’impianto teorico di Marx ai nostri tempi caratterizzati dal capitalismo digitale; dall’altro, la ricostruzione di partiti di sinistra che sappiano intercettare le paure e le speranze dei ceti popolari. Questo secondo aspetto è di natura politica e riguarda la crisi dei partiti progressisti, senza identità in tutta Europa. Il primo aspetto ha invece natura filosofica e richiede una rivisitazione dei concetti marxiani.

Quest’ultima esigenza non è nuova e aveva già interrogato alcuni intellettuali italiani che si erano posti il problema di comprendere le nuove stagioni che si susseguivano in Occidente, dal 1968 alla Reaganomics. Tra questi intellettuali vi era Cesare Luporini, di cui Rosario Croce ha pubblicato una raccolta di scritti editi e inediti: Libertà e strutture. Scritti su Marx, 1964-1984 (Edizioni della Scuola Normale, pp. 278, euro 30). Il volume è importante per due motivi.

In primo luogo, perché mette a disposizione degli studiosi una serie di documenti utili per ricostruire le articolate vicende del marxismo italiano tra anni Sessanta e Ottanta, all’interno delle quali la posizione di Luporini non è certo secondaria, vista la sua polemica antistoricistica, anti-idealistica e «antidogmatica».

In secondo luogo, perché documenta i principali nodi filosofici del pensiero marxista di Luporini che possono essere importanti per ripensare in profondità, proprio oggi, gli strumenti marxisti utili per elaborare un’analisi critica del presente, allo scopo di contribuire a una trasformazione della realtà: Marx non è un’eredità, ma un’incombenza, a partire dalla quale è necessario trovare nuove soluzioni per un intervento radicale sul contemporaneo. Se questo non accade significa che la filosofia è ridotta a contemplazione e che la politica è mera «empiricità» e amministrazione (come purtroppo sta accadendo).

TRA GLI STRUMENTI teorici segnalati da Luporini per una rivisitazione del marxismo (la forma di merce, il problema delle strutture ecc.), uno può essere qui «attualizzato»: la soggettività. Si tratta di rintracciare la connessione tra l’individuo e le dimensioni della società e della storia, comprendendo come proprio in queste sfere collettive possa realizzarsi una vera libertà. Non è possibile fermarsi al livello «privato» della libertà di cui parlano (ideologicamente) i liberalismi, ma non possiamo prescindere da questa dimensione individuale, pena una totale irrilevanza nelle società occidentali di oggi, in cui si è verificata un’imprevista alleanza fra gli interessi delle multinazionali e le passioni più intime dei singoli.

È stato infatti indotto un cambiamento nel rapporto tra governanti e governati, non più fondato sulla forza di un’autorità nemica delle aspirazioni individuali, ma sulle illusioni di milioni di persone desiderose di reinventare la propria identità secondo un’immagine edonistica della vita proposta dai social media attraverso la fascinazione dei brand. Lungi dal costituire una forma di opposizione ai poteri costituiti, questa immagine narcisistica del sé costituisce il presupposto ideologico che consente la pace sociale, in cui vivono schiere di individui narcotizzati e reificati. Luporini non poteva conoscere queste derive contemporanee ma sapeva che il capitalismo, per garantire il proprio potere, trasforma se stesso. Il marxismo, se vuol combattere il capitalismo, deve fare altrettanto.