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Regolarizzare i migranti conviene a tutti

Regolarizzare i migranti conviene a tuttiProtesta dell'Ex canapificio

Il virus del lavoro sommerso Per affrontare un momento di crisi bisogna avere il coraggio di rimediare agli errori precedentemente fatti. Tra questi aver lasciato che tante persone nel nostro paese rimanessero prive di diritti.

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 26 aprile 2020

Il Covid19 colpisce senza distinzioni, in questo senso è molto democratico, ma non sono per nulla democratiche ed eguali le sue conseguenze, ad iniziare da quelle sanitarie, dipendendo esse dalla possibilità di accedere ad un servizio sanitario e dalla qualità e quantità di cure ricevute.
Di certo non saranno eguali le conseguenze sociali ed economiche della pandemia che marcherà ancora di più le diseguaglianze e ne creerà di nuove.

Nel nostro paese vivono oltre 250 mila cittadini stranieri in condizione di involontaria irregolarità. Un esercito che i cosiddetti Decreti Sicurezza 1 e Bis hanno drammaticamente ingrandito, creando insicurezza e ingiustizia.

Viviamo tempi che richiedono la capacità di mettere in campo scelte innovative e lungimiranti. E tra queste, c’è anche quella di regolarizzare queste persone che costringiamo ipocritamente alla precarietà e al sommerso. Sono persone che assistono i nostri anziani e malati, che raccolgono frutta e verdura nei campi, accudiscono gli animali negli allevamenti, lavorano nei mercati, nelle manifatture e nelle aziende artigiane; lavoratori e piccoli imprenditori che ora lavorano in nero e che vorrebbero regolarizzarsi, pagare le tasse e fruire dei servizi. Sarebbe un’azione non solo giusta, ma intelligente e lungimirante, perché è una delle misure indispensabili per garantire la prevenzione sanitaria, in questo momento fondamentale, e far ripartire la nostra economia e per dare ossigeno al fisco.

Un coro di voci autorevoli provenienti da chi ricopre primari ruoli istituzionali o li ha ricoperti, si è alzato in questi giorni a chiedere la regolarizzazione dei lavoratori immigrati irregolari ed a chiedere che ciò venga fatto prima possibile. Non è, infatti, difficile prevedere che gli effetti sul piano economico e sociale prodotti dalla pandemia siano, come è stato da più parti osservato, non dissimili da quelli prodotti da un conflitto bellico. Le moderne economie di guerra ci hanno insegnato almeno tre cose.

La prima è che per uscire dalle crisi occorre saper fare scelte coraggiose, quindi abbandonare paradigmi, schemi e soluzioni precedenti quando se ne siano constatati, come in questo caso, gli esiti fallimentari, per adottarne di nuovi adeguati al cambiamento. La seconda è queste scelte sono tanto più produttive quanto più sono tempestive. La terza è quando si affrontano crisi sociali profonde, come quella in atto, la tenuta sociale può essere assicurata solo attraverso politiche di coesione, inclusive e solidali, capaci, come è stato efficacemente detto, di proporre «un nuovo contratto sociale che vada bene per tutti».

Continuare come prima significa, specie in questo momento, alimentare il circuito dell’illegalità e del sommerso, della cattiva imprenditoria, delle mafie e delle organizzazioni criminali. Regolarizzare è una scelta solidale e inclusiva che interessa e conviene non solo a chi è costretto alla irregolarità, ma a tutti noi, perché dà dignità e sicurezza alle persone e le fa vivere in condizioni di legalità, aiuta la nostra economia e il nostro fisco e la nostra salute.

* gip a Cagliari e presidente di Area

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