Regioni in campo contro il ‘decreto sicurezza’
Diritti negati La Toscana ufficializza il ricorso alla Consulta. Piemonte, Umbria ed Emilia Romagna faranno altrettanto, anche Basilicata, Lazio e Sardegna sul punto di muoversi. Impugnati davanti alla Corte Costituzionale l'articolo 1 e l'articolo 13 del "decreto Salvini", quelli che cancellano la protezione umanitaria e l'iscrizione anagrafica. Porte aperte ai sindaci "disobbedienti", per la decisione della Corte Costituzionale necessario circa un anno di tempo.
Diritti negati La Toscana ufficializza il ricorso alla Consulta. Piemonte, Umbria ed Emilia Romagna faranno altrettanto, anche Basilicata, Lazio e Sardegna sul punto di muoversi. Impugnati davanti alla Corte Costituzionale l'articolo 1 e l'articolo 13 del "decreto Salvini", quelli che cancellano la protezione umanitaria e l'iscrizione anagrafica. Porte aperte ai sindaci "disobbedienti", per la decisione della Corte Costituzionale necessario circa un anno di tempo.
Un fiume in piena. Al ricorso alla Consulta contro il ‘decreto sicurezza’ da parte della Toscana, ufficializzato con una delibera ad hoc, si sono aggiunte prese di posizione analoghe da parte di Umbria, Piemonte ed Emilia Romagna. Mentre Calabria, Lazio, Basilicata e Sardegna sono sul punto di muoversi. “Ci coordineremo con le Regioni e i Comuni che ci hanno chiesto di capire cosa stiamo facendo – tira le somme il presidente toscano Enrico Rossi – siamo già in contatto. Si sta creando un movimento davvero ampio. E nella delibera abbiamo puntualizzato che vogliamo rivolgerci ai Comuni: siamo a disposizione per consentire anche a loro il ricorso alla Consulta, perché possono farlo attraverso le Regioni, è stabilito per legge. Il ricorso sarà redatto dalla nostra avvocatura, quindi non spenderemo fuori niente, e inviato entro un mese. Poi sarà la Corte Costituzionale che si pronuncerà”. Fra circa un anno, osservano in proposito gli addetti ai lavori.
Sono tre i passaggi del testo del “decreto Salvini” impugnati dalla Toscana. “L’oggetto del ricorso è principalmente l’articolo 1 – spiega Rossi – quello cioè che elimina la protezione umanitaria. Pensiamo infatti che questo sia un modo per aumentare il numero degli irregolari, non consentendo quindi di svolgere fino in fondo il nostro ruolo, previsto anche dalla Costituzione, di assistere in maniera universalistica le persone sul profilo delle cure, dell’assistenza sociale essenziale ed elementare, penso a un tetto o un piatto di minestra calda, e dell’istruzione come diritto fondamentale”. Questo, secondo la delibera, va contro agli articoli 2, 3, 10 e 117 della Costituzione.
Altro articolo contestato del decreto è il numero 13: “Eliminando l’iscrizione anagrafica – osserva sul punto il presidente toscano – l’articolo rende invisibili queste persone. Spariscono, non sappiamo dove cercarle e come poterle assistere. Un medico mi faceva presente che i ragazzi, i bambini, non essendo iscritti all’anagrafe non si possono neppure vaccinare. La Costituzione però ci dice che la salute è un diritto fondamentale, che non appartiene al cittadino ma alla persona, ed è allo stesso tempo interesse della collettività, come già specificato dalla Consulta”.
Dalla Sardegna, l’assessore regionale Filippo Spanu anticipa un’altra mossa politica: “Ci stiamo muovendo in coordinamento con le altre Regioni per richiedere un confronto politico al governo in sede di Conferenza delle Regioni, nello specifico con la commissione delle migrazioni”. Mentre il presidente laziale Nicola Zingaretti annuncia: “Nella legge regionale di bilancio abbiamo stanziato 1,2 milioni di euro per non far chiudere gli Sprar”, i centri di accoglienza diffusi sul territorio.
Nella scia di Leoluca Orlando e Luigi De Magistris si stanno muovendo infine anche molti sindaci, nell’attesa del direttivo Anci di giovedì. Sul punto il vicepresidente dell’associazione Roberto Pella, forzista, invita “a rispettare sempre la legge”. Sembra rispondergli Enrico Rossi, quando puntualizza: “I sindaci non sono dei ‘pierini’, ma persone elette che consapevolmente si assumono la responsabilità di sottoporsi a un procedimento penale”. A ruota un’ultima osservazione: “Da parte nostra non stiamo facendo disobbedienza civile, stiamo esercitando un diritto-dovere. La nostra è una democrazia complessa, e bisogna che si abitui anche Salvini a vivere dentro una democrazia complessa, in cui ci sono istituzioni e bilanciamenti di poteri. Aggiungo solo che apprezzo molto i sindaci per le posizioni che hanno preso. Anche quelli che dicono che non si può non applicare la legge, ma si dichiarano apertamente contrari al decreto”.
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