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Regionali, Berlusconi si prepara al cappotto

Regionali, Berlusconi si prepara al cappottoSilvio Berlusconi

Elezioni Il leader al vertice di Forza Italia: «Il premier spera di vincere sette a zero. Vedremo». Fitto contro l’ex cavaliere e il cerchio magico: «Desolante spettacolo di irresponsabilità»

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 17 aprile 2015

«Le regionali saranno per Renzi quel che furono nel 2000 per D’Alema», profetizza Brunetta scambiando il suo wishful thinking per analisi politica. Il Capo, Silvio Berlusconi, è più lucido: «Renzi pensa di vincere sette a zero: vedremo come va a finire», dichiara al vertice di Fi, o meglio del poco che ne resta, riunito con i segretari regionali per «definire le candidature». E aggiunge: «Potevo correre da solo, ma per non far vincere la sinistra ho preferito stringere alleanze».

Parole spese a porte chiuse che da domani il grande piazzista ripeterà in pubblico all’infinito. E’ la sola formula che gli permetterà, ove finisse 6 a 1 con la sola conferma di Luca Zaia in Veneto, di dire che ha comunque evitato il cappotto e con la quale potrà tentare di giustificare il disastro delle alleanze a destra.

Ma il quadro è già definito e non subirà sostanziali modifiche, anche se dal vertice di ieri ancora non è uscita la candidatura per la Toscana. Faccenda secondaria quanto a presidenza di Regione, dato che nella terra di don Matteo la sconfitta è garantita, ma importante negli equilibri interni azzurri perché c’è di mezzo l’eterno Denis Verdini, che anche ieri ha tentato invano ma con grande determinazione di riportare il cavaliere all’ovile, cioè al Nazareno, facendogli votare l’Italicum. La Puglia è andata. Ieri nel quotidiano rimpallo di accuse era il turno di Raffaele Fitto, che ha effettivamente puntato il dito contro Berlusconi e il suo cerchio magico: «Che desolante spettacolo di irresponsabilità!». Per Emiliano sarà tutta discesa.

Anche in Campania l’unico governatore rimasto a Berlusconi, Caldoro rischia forte. De Luca, il cavallo «candidabile-ma-non-eleggibile» scelto dal popolo delle primarie, secondo ogni logica dovrebbe essere un brocco azzoppato. Invece è fortissimo. Nelle Marche il governatore uscente del centrosinistra Gian Mario Spacca correrà con la squadra avversaria, tanto per aumentare ulteriormente il caos di questa tornata elettorale. Anche se ce la facesse difficilmente si potrebbe ascrivere la sua vittoria al centrodestra. Resterebbe la Liguria, dove al disastro delle primarie e dell’uscita dal partito di Cofferati si è aggiunto adesso quello dei guai giudiziari della Paita (raggiunta ieri da una veemente e non si sa se gradita missiva solidale del campano De Luca). Ma con in campo Giovanni Toti, che faticherebbe da morire a farsi votare anche se sapesse dove si trova Novi Ligure, la ghiotta occasione è destinata ad andare perduta.

Si può dunque profetizzare con certezza quasi assoluta che le elezioni imminenti saranno non per Fi ma per l’intero centrodestra un 8 settembre. Tra le armate allo sbando svetterà la Lega di Salvini, che però non sembra per il momento poter andare oltre i confini natural-politici di un abbondante voto di protesta. Per il centrosinistra tutto dovrebbe di conseguenza andare per il meglio. Neppure questo è vero. Non è tanto questione di condanne e avvisi di garanzia. E’ che nel complesso, tra primarie caotiche, lacerazioni interne, candidature improbabili, anche il Pd riflette l’immagine di un partito sgangherato e inesistente, retto solo dalla presenza di Renzi, che a sua volta deve almeno una parte congrua delle proprie fortune elettorali alla mancanza di alternative, dunque a una devastazione del quadro politico generale alla quale non sfugge nemmeno il suo partito.

Prima del voto Renzi avrà incamerato, non senza traumi e lacerazioni, il suo Italicum. Sulla carta, per adoperarlo dovrebbe aspettare il giugno del 2016, che in realtà significa non poter votare prima del 2017. Potrebbe provare a forzare la mano anticipando il voto per capitalizzare una situazione nella quale tutto gioca a suo favore, ma più probabilmente tenterà la sorte rispettando le scadenze e augurandosi che il quadro economico lo sostenga. In caso contrario, dal panorama desertificato della politica italiana potrebbe uscire fuori davvero di tutto e lo stesso Italicum, con quella subdola possibilità di far convergere al secondo turno tutti i voti anti-Renzi sul secondo arrivato per togliere di mezzo il fiorentino, potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio.

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