Reggio Emilia, tra pericoli e nuove sfide (insieme al giornale)
Cento cene per il manifesto Venerdì scorso Reggio Emilia era ghiacciata, la prima neve arrivata proprio quella mattina, intravista da Bologna in avanti, copriva già rotaie e strade. Eppure l’accoglienza delle compagne e dei compagni […]
Cento cene per il manifesto Venerdì scorso Reggio Emilia era ghiacciata, la prima neve arrivata proprio quella mattina, intravista da Bologna in avanti, copriva già rotaie e strade. Eppure l’accoglienza delle compagne e dei compagni […]
Venerdì scorso Reggio Emilia era ghiacciata, la prima neve arrivata proprio quella mattina, intravista da Bologna in avanti, copriva già rotaie e strade. Eppure l’accoglienza delle compagne e dei compagni al centro sociale «Buco magico» di via dei Martiri è stata calorosa, attenta e sapiente. Giorgio Salsi e Vanna Calvi, riferimenti organizzativi e politici dell’incontro, hanno dato vita a una occasione di confronto in cui si è discusso di molte cose.
Giorgio, per dieci anni animatore delle Giornate della laicità, ha ricordato i precedenti incontri per ribadire il sostegno partecipato che Reggio Emilia ha sempre avuto nei riguardi del manifesto.
Numerosi gli argomenti di cui si è discusso nella sala accanto alla stanza del biliardo, insieme alle tante persone – qualcuno giunto anche da Bologna e Modena – come del compagno che ha esordito con la provocazione sulla complessità linguistica che talvolta aleggia nelle pagine culturali. E che tuttavia sono suo punto di riferimento costante. O come un altro ragazzo del secolo scorso che ha ricordato invece la differente caratura rispetto ad altri quotidiani più superficiali, segnalando sia la chiarezza del manifesto, comprese le pagine interne che molto lo hanno aiutato nei suoi 25 anni di abbonato a decifrare contratti di lavoro e questioni sindacali.
I punti politici emersi, insieme allo stringente momento storico che da qui a poco porterà alle elezioni regionali nel 2020, sono stati di due ordini: il primo, con cui si è cominciato, è stato dettato dalla condizione di questo giornale con la campagna iorompo.it, la sua necessità di esistenza in un orizzonte fosco di derive che non prevedono l’informazione sia – né diventi – bene comune. Il secondo è la registrazione di un dato: ovvero il pericolo che la storia politica di una regione (e di un paese intero) vengano rimosse, azzerate e non più nominate. «Come succede», interviene una donna, «davanti alla rimozione sempre più diffusa di comunismo e comunista».
Care compagne e cari compagni, così ci si chiamava tutta la sera, davanti a una tavolata disposta a ferro di cavallo che, tra un pezzo di erbazzone in attesa dei tortelli, si faceva sempre più partecipata. Diverse le esperienze generazionali a confronto, come quella portata da una compagna che raccontando dell’attivismo della propria figlia di 29 anni ha restituito il tenore di una «organizzazione» differente da quella che ha conosciuto lei. Di un innegabile guadagno, culturale e politico, nello stare accanto a progetti come quello di Mediterranea o dei temi legati all’ambiente; e di un’esigenza di politica non immediatamente ascrivibile all’adesione partitica. Che a Reggio Emilia tuttavia non si sia mai smesso di lavorare nel territorio, in maniera capillare, lo ha mostrato bene la presenza venerdì di molte realtà, da quelle più culturali alle più politiche e di presidio, quali il centro antiviolenza «Nondasola».
Un modo per dire che bisogna tornare a incontrarsi e a discutere. Grazie a Reggio Emilia, luogo di passione per la politica.
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