Referendum sull’eutanasia, superate le 500mila firme: «Non ci fermiamo»
Diritti La raccolta ai tavoli e sulla piattaforma digitale. Nuovo obiettivo 750.000 firme entro il 30 settembre. Cappato e Welby: «Nei casi in cui sarà necessario siamo pronti alla disobbedienza civile»
Diritti La raccolta ai tavoli e sulla piattaforma digitale. Nuovo obiettivo 750.000 firme entro il 30 settembre. Cappato e Welby: «Nei casi in cui sarà necessario siamo pronti alla disobbedienza civile»
La barriera delle 500.000 firme per il referendum sulla legalizzazione dell’eutanasia è stata sfondata. Lo sprint di Ferragosto è arrivato sia grazie ai gazebo organizzati in decine di città italiane sia con la raccolta online sulla piattaforma creata ad hoc dall’Associazione Luca Coscioni: sono 70.000 i cittadini che hanno deciso di aderire alla campagna referendaria in modo digitale, possibilità che esiste soltanto dalla settimana scorsa.
La corsa, comunque, non finisce qui: la nuova asticella fissata dai militanti della Coscioni è quota 750.000 firme entro il 30 settembre, «in modo da mettere in sicurezza il risultato da ogni possibilità di errori, ritardi della pubblica amministrazione e difficoltà nelle operazioni di rientro dei moduli», come si legge in un comunicato.
L’ultimo dato delle firme fisicamente rientrare al Comitato è a quota 99.000, la metà delle quali già certificate e pronte alla consegna.
«Di fronte agli annunci di iniziative parlamentari e al proseguirsi della violazione dei diritti dei malati, già sanciti dalla sentenza della Consulta sul caso Cappato-Antoniani – spiegano in una nota Filomena Gallo e Marco Cappato -, vogliamo precisare che il referendum è uno strumento legislativo per realizzare riforme con effetto vincolante, non è, né dal punto di vista legale né da quello politico, uno stimolo al Parlamento affinché legiferi, né tantomeno un alibi per il Governo e le Regioni per continuare a violare impunemente la legge».
Era il 1984 quando il socialista Loris Fortuna presentò la prima proposta di legge sull’eutanasia, da allora il tema appare e scompare nel dibattito parlamentare senza che tuttavia si sia mai riusciti ad arrivare a un punto. L’obiettivo di una legge sul fine vita, da un punto di vista formale, è l’abrogazione dell’articolo 579 del codice penale, ovvero il cosiddetto «omicidio del consenziente». In questo modo, sostengono quelli della Coscioni, si potrebbero «rimuovere gli ostacoli alla legalizzazione dell’eutanasia anche con intervento attivo da parte del medico su richiesta del paziente, sul modello di Olanda, Belgio, Lussemburgo e Spagna, seguendo i principi già stabiliti anche dalla Corte costituzionale tedesca».
In Parlamento, attualmente, è parcheggiata una proposta di legge sulla depenalizzazione dell’articolo 580 del codice penale, l’aiuto al suicidio. Anche qualora la legge riuscisse ad andare avanti, il referendum si terrebbe lo stesso, proprio perché l’obiettivo è l’abrogazione del reato di omicidio del consenziente. La richiesta della Coscioni, dunque, è molto precisa e difficilmente scavalcabile da un qualche (comunque poco probabile) colpo di coda parlamentare. Da qui l’annuncio: i militanti della Coscioni continueranno a lottare fianco a fianco con tutte le persone che vogliono poter liberamente scegliere sulla fine della propria vita.
«Nei casi in cui sarà necessario, con Mina Welby e Gustavo Fraticelli – concludono Gallo e Cappato – siamo pronti a ricorrere alla disobbedienza civile per affermare il diritto fondamentale all’autodeterminazione dei malati in condizione di sofferenza insopportabile e malattia irreversibile».
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