Più che «dialogo sociale», ascolto sociale. Mario Draghi si conferma una sorta di sfinge che prende appunti e da politico esperto quale era già non anticipa nessun punto del programma del suo nascente governo. Nei 50 minuti di incontro con Cgil, Cisl e Uil il presidente incaricato non ha detto una parola sui temi programmatici. Si è limitato ad ascoltare i – fin troppo lunghi per i tempi contingentati dell’ultima giornata del secondo giro di consultazioni – interventi di Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Pierpaolo Bombardieri.

Prima di loro era stato il turno di un meno loquace e ugualmente coperto Carlo Bonomi: «Non entro nel dettaglio del confronto perché Confindustria non intende alimentare in alcun modo indiscrezioni su cosa il presidente Draghi intenda fare», ha detto il capo degli industriali all’uscita.

TUTTA LA PARTITA SI GIOCA sulla richiesta principale dei sindacati: il prolungamento del blocco dei licenziamenti – in scadenza il 31 marzo – almeno fino alla fine della pandemia e della definizione di un nuovo sistema di ammortizzatori sociali, tagliati dal Jobs act. Confindustria vuole lo sblocco per aprire la stagione delle ristrutturazioni aziendali e Draghi dovrà decidere da che parte stare. Probabile che proponga una mediazione: licenziamenti bloccati per le aziende con calo del fatturato o in determinati settori. Difficile che accontenti in toto i sindacati.

Che difatti già mettono in conto un compromesso – «non pensiamo ad un blocco sine die che deve andare di pari passo alla cassa Covid (gratuita per le aziende, ndr) insieme al sostegno alle imprese», specifica Annamaria Furlan appena uscita dall’incontro – , accettabile nell’ottica di una situazione straordinaria» che ridisegnerà il panorama politico» e nella quale c’è la possibilità di sfruttare «fondi europei irripetibili» come «occasione per cambiare finalmente questo paese verso la transizione ecologica e un nuovo modello di sviluppo», come auspica da sempre Landini.

LA SOTTOLINEATURA del metodo – Draghi è il primo a convocarli prima di formare un governo, Bersani nel 2013 non ce la fece – è il punto di partenza per richieste precise di Cgil, Cisl e Uil su molti campi. E con Landini che le condisce con una mossa tutta politica: chiedere lo Ius Soli – «se si vuole coesione sociale e si vuole investire sui giovani e sulla scuola chi nasce qui o che ha studiato qui deve avere gli stessi diritti di cittadinanza di tutti gli altri» – che di certo non va bene alla Lega e potrebbe scompaginare il perimetro larghissimo degli attuali pro Draghi.
Il modello richiamato è quello dei Protocolli che a marzo scorso resero possibile la riapertura delle fabbriche e dei luoghi di lavoro in sicurezza dopo l’accordo faticosamente raggiunto con Confindustria.

E allora Cgil, Cisl e Uil chiedono una nuova stagione se non di concertazione almeno di dialogo costante col governo su molti tavoli, a partire dalla scuola e della gestione del Recovery Plan, senza dimenticare l’importanza della sanità pubblica, una legge nazionale sulla non autosufficienza e sulle pensioni «la separazione fra assistenza e previdenza come da commissione partita da poco».

«LA SCUOLA NON PUÒ REGGERSI sui precari», attacca Annamaria Furlan. «Non abbiamo nessun problema a discutere del prolungamento dell’anno scolastico – va avanti nel ragionamento Pierpaolo Bombardieri – ma il tema va affrontato sotto diversi aspetti: sicurezza, trasporti, salute e il problema dei 200 mila precari».

«Il confronto deve proseguire nelle prossime settimane e mesi quando il governo avrà avuto la fiducia – ha concluso Landini – per affrontare in modo nuovo i problemi che abbiamo di fronte. Su pensioni, fisco, lavoro e blocco licenziamenti abbiamo proposto le stesse cose che avevamo chiesto ai governi precedenti. Chiediamo di essere coinvolti e poter discutere per fare le riforme che sono necessarie e, soprattutto, creare lavoro», commenta alla fine Landini, criticando implicitamente il governo Conte e il suo immobilismo finale.

NESSUNO COMUNQUE SI FA illusioni. Draghi non potrà essere più vicino ai sindacati che a Confindustria. Ma la partita è troppo importante per non giocarla cercando di condizionare il più possibile il programma e il cammino del nuovo governo. Sempre pronti a modificare strategia se le decisioni dell’ex presidente della Bce fossero troppo da banchiere e contro gli interessi di lavoratori e pensionati.