Grande fu lo stupore dei lettori quando sul «New Yorker» del 24 agosto 1992 (ora l’articolo è in Letture, Garzanti 2010) George Steiner si produsse nella apologia di un romanzo, Les deux étendards, estraneo per non dire ignoto al senso comune dei lettori, paragonandolo a Guerra e pace. L’aveva scritto fra guerra e dopoguerra, pubblicandolo nel 1952, un ergastolano già condannato a morte per collaborazionismo, transfuga con la cricca di Pétain a Sigmaringen, in carcere sulla base dell’art. 75 del Codice penale francese («intelligenza con il nemico»), poi graziato e quindi rimesso in libertà nello stesso ’52: si trattava di...