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Raúl avverte: «Forze interne tentano di sovvertire l’ordine»

Raúl avverte: «Forze interne tentano di sovvertire l’ordine»Raúl Castro a Santiago de Cuba per l'anniversario della Revolución

Il 55mo della Revolución Il discorso del presidente alla celebrazione a Santiago di Cuba

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 3 gennaio 2014

«Nemmeno il più grande sognatore avrebbe pensato che saremmo arrivati fino a qui». Ovvero a compiere i 55 anni della rivoluzione cubana. Anniversario celebrato mercoledì da Raúl Castro a Santiago di Cuba, la città dove il primo gennaio del 1959 il fratello Fidel proclamò la vittoria della Revolución sulla dittatura di Fulgencio Battista. Per dar enfasi a una cerimonia di esaltazione del patriottismo, Raúl, in uniforme da generale, è stato presentato, di fronte a circa tremila invitati nel centrale parco de Céspedes in rappresentanza della popolazione, non come capo del governo, ma come comandante del Segundo Frente, la colonna guerrigliera che operava in questo territorio dell’isola.

Proprio al senso di patriottismo e di dignità cubana il più giovane dei Castro ha fatto riferimento per affrontare le «forze poderose» che, «fuori e dentro l’isola» tentano di «sovvertire» l’ordine socialista, forze che operano soprattutto tra i giovani.

Prima del discorso di Raúl altri oratori avevano messo in risalto le conquiste della Revolución, soprattutto nel campo della salute pubblica (Cuba nell’anno appena concluso ha avuto il tasso di mortalità infantile più basso della sua storia, superando buona parte degli stessi Stati degli Usa) e dell’istruzione pubblica. Ma il presidente ha voluto dar evidenza a una forte preoccupazione che da mesi esprime in varie occasioni, soprattutto in incontri interni al partito comunista: il malessere sempre più evidente e pubblicamente espresso dei giovani cubani che si somma a un diffuso malumore della popolazione per le condizioni materiali di vita nell’isola. «Siamo in presenza di una permanente campagna di sovversione» diretta soprattutto ai giovani, ha affermato il presidente, e «si percepiscono i tentativi di introdurre con sottigliezza piattaforme di pensiero neoliberale e capitalistico… che favoriscono l’individualismo, l’egoismo e il mercantilismo». Questa campagna – ha specificato Raúl – è messa in opera con lo scopo di «smantellare dall’interno il socialismo cubano» disseminando «idee che negano la vitalità dei concetti marxisti-leninisti» come pure i valori espressi dal teorico ed eroe dell’indipendenza cubana, José Martí.

«La sfida si fa più dura ora», ha affermato il presidente con riferimento alla delicata fase di riforme del socialismo cubano in corso nell’isola. Delicata, perché entro quest’anno sono previsti massicci esodi dal settore – deficitario – statale e dunque la creazione di nuovi posti di lavoro – privato o cooperativistico – che non dipenderanno più direttamente dal governo né dal partito comunista. Il punto nodale, però, è quello di aumentare la (scarsa) produttività per poter gradualmente eliminare la doppia moneta vigente nel Paese e soprattutto aumentare i salari che ormai permettono, nel migliore dei casi, la sopravvivenza. In molti-specie tra gli analisti «indipendenti» e dell’area cattolica, ma anche all’interno del Pc, ritengono che le riforme procedano troppo lentamente e che il potere centrale sia troppo vincolato dalle forze che vogliono mantenere il controllo totale sull’isola. Insomma, si pensa che le riforme siano in mezzo al guado. Proprio, come afferma Raúl, nel momento e nella situazione più difficile, perché la «campagna di sovversione» ha creato «un certo pessimismo per quanto riguarda il futuro».

L’allarme lanciato dal presidente non è certo nuovo. Parafrasando il fratello Fidel, il presidente anche di recente aveva sostenuto che la Rivoluzione non la potrà mai distruggere un nemico esterno, «ma noi, i suoi figli». E da mesi è in corso una campagna contro «l’indisciplina sociale», specie dei giovani, e la corruzione, disvalori controrivoluzionari ai quali, dalle colonne dei giornali e delle riviste di governo e di partito, si contrappone mantenere viva quella «virtù», quell’impeto morale prima che rivoluzionario che animava la lotta contro la dittatura o, ancora prima, quella spinta etica dalle conseguenze sociali predicata da Martí.

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