Raúl Arévalo, un attore dietro la macchina da presa
Intervista Il regista spagnolo racconta il suo film d'esordio, «La vendetta di un uomo tranquillo»
Intervista Il regista spagnolo racconta il suo film d'esordio, «La vendetta di un uomo tranquillo»
l suo primo premio Goya Raúl Arévalo l’aveva vinto nel 2009, come miglior attore protagonista di Fat people di Daniel Sánchez Arévalo. Con La vendetta di un uomo tranquillo – il suo esordio alla regia, in sala dal 30 marzo – ha invece conquistato, lo scorso febbraio, il premio al miglior film spagnolo dell’anno dopo aver debuttato nella selezione di Orizzonti a Venezia. La vendetta di un uomo tranquillo – racconta l’attore e regista che ha lavorato, tra gli altri, con Pedro Almodovar e Alex De La Iglesia- è un progetto che ha impiegato otto anni per venire alla luce, lo stesso tempo che passa per il protagonista José prima che possa consumare la sua vendetta.
La fidanzata è stata uccisa nel corso di una rapina in una gioielleria, e mentre Curro – l’unico della banda di rapinatori a essere arrestato – sconta la sua pena in carcere, José progetta e mette inesorabilmente in moto il piano che gli consentirà di vendicarsi.
La deriva violenta di un «uomo tranquillo» ricorda «Cane di paglia» di Sam Peckinpah. Quali sono stati i suoi riferimenti?
Ho pensato a Peckinpah soprattutto da un punto di vista estetico e nella rappresentazione della violenza: secca, cruda e diretta. L’ispirazione principale viene però dal cinema europeo, da registi come Audiard, i fratelli Dardenne e anche Matteo Garrone. La sfida principale è stata conciliare uno stile intimista e realista come quello dei Dardenne con gli elementi di genere: il film «di vendetta» o anche il road movie.
Da attore, come ha lavorato con i suoi protagonisti?
L’elemento fondamentale per me erano gli sguardi, i volti in grado di esprimersi anche nel silenzio. Ho cercato persone di una certa età – per sottolineare che portano sulle spalle il peso di una vita vissuta – e con un aspetto «normale», che mi ha creato dei problemi con i finanziatori: volevano attori giovani e belli. Ma io ho difeso la mia scelta perchè degli attori belli e famosi non andavano bene per il film, così come non avrebbero funzionato in Gomorra di Garrone.
Come è nato il progetto del film, dopo tanti anni passati a fare l’attore?
Fin da bambino ho sempre voluto fare il regista: ogni lavoro che ho fatto da attore per me è stata anche una scuola per imparare la regia. La storia di La vendetta di un uomo tranquillo nasce da una conversazione che ho ascoltato nel bar di mio padre – simile a quello in cui è ambientata buona parte del film . Un uomo aveva commentato un fatto di cronaca, dicendo che se fosse successo a lui avrebbe preso il fucile e ucciso tutti i colpevoli. Il tema della vendetta è abusato nel cinema, ma io volevo raccontarla in modo crudo e realista, interrogandomi su cosa avrebbe comportato dare seguito alle affermazioni del tizio al bar.
Il film è ambientato in luoghi che conosce molto bene.
Ovviamente non conosco in prima persona il tema del film, e spero che non mi riguardi mai. Ma conoscevo le atmosfere, il modo di parlare della gente: la vicenda è ambientata nei luoghi in cui sono cresciuto – i quartieri di periferia di Madrid, i paesini della Castiglia. Credo in un cinema che abbia un’identità basata su ciò che si conosce, soltanto in questo modo si possono raccontare delle storie universali.
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