Rapporto di Amnesty sui legami tra polizia greca e Alba Dorata
Grecia I documenti raccolti da Amnesty lasciano aperta l’ipotesi che in seno alla polizia operasse, e forse operi ancora oggi, una vera e propria cellula neonazista
Grecia I documenti raccolti da Amnesty lasciano aperta l’ipotesi che in seno alla polizia operasse, e forse operi ancora oggi, una vera e propria cellula neonazista
Nel giorno in cui uno dei collaboratori del premier greco Antonis Samaras, Panayotis Baltakos, ha annunciato le sue dimissioni in seguito alla diffusione di un video in cui avrebbe ammesso l’esistenza di una strategia giudiziaria sostenuta dal partito di Nuova Democrazia per eliminare dalla scena i neonazisti, fino a pochi mesi fa tollerati quando non appoggiati dal centrodestra e poi trasformatisi in scomodi rivali elettorali, Amnesty International presenta un rapporto in cui denuncia i legami tra Alba Dorata e le forze dell’ordine.
Il documento, una vera e propria galleria degli orrori di poco meno di 70 pagine intitolato “Farsi la legge da soli. La cultura dell’abuso e dell’impunità nella polizia greca”, descrive le relazioni ambigue, le connivenze e le vere e proprie complicità esistenti tra gli uomini in divisa e i neonazisti. Ma non è tutto. Anche quando Alba Dorata non è chiamata apertamente in causa, lo scenario indicato è quello di forze dell’ordine che sembrano agire ispirate soprattutto dal razzismo e dalle idee della destra radicale e che negli ultimi anni si sono rese responsabili della morte di più di una persona, soprattutto immigrati, sottoposta alla loro autorità.
Si tratti dei maltrattamenti inflitti ai manifestanti della sinistra e dei movimenti sociali, o degli abusi ripetuti anche nei confronti di immigrati, rom e omosessuali, il tutto con decine di casi di tortura ricostruiti anche grazie alle testimonianze delle vittime, il quadro che emerge è quello di corpi di polizia – nelle pagine del documento si parla degli agenti che operano nelle grandi città come nel controllo delle frontiere o in funzione di guardiacoste – cui non è solo stato permesso tutto, ma che sembrano essere stati quasi invitati a far regnare un clima di terrore presso alcuni settori della società greca.
Così, ad esempio, «solo tra il 2009 e l’ottobre del 2013 si sono registrati ben 142 casi di violenza motivati dall’odio razziale e in aperta violazione dei diritti umani che hanno avuto come protagonisti agenti e ufficiali di polizia». In realtà, questa è solo la punta dell’iceberg, vale a dire le vicende talmente efferate che sono state prese in esame dalla Direzione degli affari interni delle forze dell’ordine, spesso su sollecitazione delle ong antirazziste o dei media indipendenti. Peccato che in un buon numero di casi i responsabili non siano però stati identificati o tutto si sia risolto senza conseguenze. E che, come commentano i responsabili di Amnesty, «tutto ciò non costituisca che il primo, timido e tardivo passo nell’accertamento delle responsabilità su quanto accaduto».
Ma se questo è il contesto generale che viene descritto, è sulla stretta relazione tra Alba Dorata e la polizia greca che il rapporto riserva ulteriori preziose informazioni. Ben oltre gli agenti e gli ufficiali che sono stati a vario titolo coinvolti nelle inchieste aperte contro il partito neonazista – due gli ufficiali delle forze dell’ordine arrestati già nel dicembre dello scorso anno insieme al leader del movimento Nikos Mihaloliakos, mentre altri dieci agenti sono stati indagati in seguito -, i riflettori sono puntati ad esempio sull’intero commissariato del quartiere ateniese di Aghios Panteleimon, dove hanno avuto luogo molte delle aggressioni razziste portate a termine da Alba Dorata. E c’è dell’altro.
Mentre i documenti raccolti da Amnesty lasciano aperta l’ipotesi che in seno alla polizia operasse, e forse operi ancora oggi, una vera e propria cellula neonazista, emerge una complicità diffusa in tutte le forze dell’ordine nei confronti della azioni di Alba Dorata che sono state spesso tollerate, talvolta coperte, in alcuni casi sostenute apertamente. Così, quando il 17 settembre dello scorso anno Pavlos Fyssas, rapper e attivista antifascista, è stato accoltellato a morte nella periferia di Atene da un militante neonazista, otto agenti del reparto motorizzato erano già presenti sul luogo al momento dell’aggressione, ma non fecero nulla per impedirla. In compenso, il giorno dopo, repressero in modo violento una manifestazione di protesta contro l’uccisione di Fyssas.
«Invece di mantenere la legge e l’ordine, alla polizia viene spesso affidato il compito di stroncare il dissenso e i vari governi che si sono succeduti non hanno riconosciuto, né contrastato, queste violazioni», le inquietanti conclusioni di Amnesty.
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