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Rapito da Bellocchio

Rapito da Bellocchio

Fuori norme Con «Rapito» Marco Bellocchio, a 84 anni, afferma ancora la propria incrollabile giovinezza

Pubblicato più di un anno faEdizione del 24 giugno 2023

Con «Rapito» Marco Bellocchio, a 84 anni, afferma ancora la propria incrollabile giovinezza, e la propria piena maturità. Angosce e tormenti dell’inconscio sembrano superati. L’Io si palesa con sicurezza, ha superato l’Inferno, può confrontarsi da pari a pari addirittura con la suprema autorità: il Papa.

Da qualche anno il suo cinema si è convertito alla prosa: «Il traditore», «Marx può aspettare», «Esterno notte». Ma ho sempre amato il suo cinema di poesia, dove i tormenti circolano liberamente: «Nel nome del padre», «Salto nel vuoto», «Diavolo in corpo», «La condanna», «L’ora di religione», «Vincere»…

In questo film la Storia, con tanto di date scandite, corre parallela agli eventi della famiglia israelita Mortara. Però i protagonisti – il padre, la madre, il pontefice (nonostante le ferite inflittegli), l’inquisitore Feletti – non invecchiano: solidi come rocce. Nel finale la madre moribonda, solo adesso palesemente truccata, si ribella al figlio adorato, ora prete, che la vuole convertire. Nell’ultima inquadratura, in totale, vediamo da una parte il figlio pieno di tormenti (ma che non cambierà), dall’altra la camera da letto della madre morta.

Anche il padre era morto, ma fuori campo. Mentre ben in campo muore Pio IX, che ha fatto di tutto per farsi odiare in vita e il cui carro funebre è stato preso d’assalto dai romani liberati dal giogo pontificio.

C’è in «Rapito» una padronanza dello stile e della costruzione narrativa, insieme alla loro massima semplificazione, per cui l’inserzione dei pochi sogni o visioni ad occhi aperti non ne interrompe la continuità. Dominano primi e primissimi piani su volti di attrici e attori magistralmente scelti: scultorei. La musica da grande orchestra sinfonica esalta la sicurezza della rappresentazione.

Domina l’oscurità, con poche aperture alla luce, ma stupende: come i trucchi ben visibili dei Lungotevere romani.

Questa oscurità è anche quella dei destini della Storia: Feletti non verrà condannato; Edgardo Mortara verrà talmente plagiato dalla Chiesa da convertirsi dall’ebraismo al cristianesimo e farsi addirittura prete. E il suo lanciarsi contro il Papa non si capisce se sia un goffo movimento per baciargli la mano o un sùbito emergere del suo inconscio prontamente represso, che esplode di nuovo davanti alla bara del pontefice.

Gli ebrei (i diversi, gli oppressi, le minoranze) soccombono al Potere?

Bellocchio ci dice che c’è speranza di rivolta?

Continua la lotta ostinata contro le forze del male, che agiscono ieri e oggi in piena luce, senza deflettere.

Noi, con Bellocchio, resistiamo.

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